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Tarcisio Generali: Scene dal porto e pescatori.
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Il monaco artista
Abbiamo atteso per anni la “personale” di Paolo Tarcisio Generali. Per non farla si disse e si scrisse che era inutile perché ogni famiglia aveva già in casa le sue opere. Fano ha poi la singolare abitudine di celebrare i suoi artisti solo dopo la loro scomparsa. Si aggiunga la modestia e la riservatezza di Generali ed il quadro è completo. Dopo le grandi mostre degli anni '80 dedicate ad Orlando Sora e a Emilio Antonioni, il pittore più amato dai fanesi, tutto sembrava essersi fermato. Da anni ed anni si favoleggia di una personale di Tom Storer ma nessuno degli assessori alla Cultura che si sono avvicendati ha mai avuto il coraggio di allestirla. Nel frattempo due fondamentali contenitori espositivi della città sono scomparsi: la Scuola “Luigi Rossi” destinata a funzioni bibliotecarie e la Chiesa di San Domenico, che dopo decenni di inqualificabile degrado, la Fondazione Cassa di Risparmio di Fano ha fatto risorgere ma con limiti correttamente definiti e comprensibilissimi di Pinacoteca di opere a soggetto sacro. Per il ritorno di Paolo Tarcisio Generali, Fano dovette quindi fare ricorso agli spazi della restaurata ma sempre solitaria Rocca Malatestiana. Si aggiunga il cielo plumbeo delle giornate di autunno e si comprenderà quanto riscaldò i cuori la luce che Generali, a generosi colpi di spatola, sembrava essere in grado di trasferire dai quadri alle antiche pareti onuste di storia e di sofferenza carceraria. I fanesi conoscevano Generali, conoscevano bene la storia della sua vita di uomo mite votato alla preghiera, perennemente alla ricerca attraverso l'arte della luce spirituale. Ricordo di averlo incontrato in età giovanile insieme a mio padre nel suo studio, ma la mia timidezza e la sua vocazione monacale al silenzio fecero sì che non riuscimmo a scambiare una parola. "Nel Segno del Colore" era il titolo della Mostra, testimonianza di un percorso iniziato negli anni '20 e conclusosi con la sua scomparsa alla fine degli anni '90. Una mostra che vollero i suoi confratelli di Camaldoli, di Monte Giove e di Fonte Avellana con il coinvolgimento dei Comuni di Poppi e di Fano. Una mostra nell'ambito dell'arte e cultura dell'Ordine camaldolese, come opportunamente recitava un capitolo del ricco catalogo. Ma anche, come dicevamo, una mostra che i fanesi, tutti i fanesi, attendevano da sempre perché Generali era un pittore amato. Un pittore che operava in un silenzio fattivo, un vero e proprio artista del silenzio come la sua appartenenza ai camaldolesi richiedeva e la sua indole ricercava. Tutti sapevano che c'era ma pochi potevano dire di avere con lui rapporti frequenti. Per lui valeva il detto: "Nessuno è tanto presente come colui che è assente". Perché di lui si parlava tanto, di lui parlavano tutti e le sue opere erano davvero in tutte le case. Le case borghesi e quelle operaie, quelle dei marinai e quelle dei contadini. Quadri luminosi appesi a pareti che nella loro storia non avevano mai interagito con un'opera artistica e altri a pareti ricche di dipinti di grandi artisti. Un onore del quale pochi, pochissimi artisti, fanesi hanno potuto e possono gloriarsi. Furono migliaia i visitatori e tutti uscirono arricchiti dall'impatto con la luce e con il colore mescolati con maestria da un uomo che ha passato la vita guardando il mondo con occhi da fanciullo; e grazie alla sua arte ha consentito a tutti noi di vivere qualche istante nello stesso modo, guardando ammirati i volti, le barche, le case, i pagliai, gli animali e le piante fatte di colore e di luce. Grazie davvero e per sempre, Padre Tarcisio, visto una sola volta da vicino, in religioso silenzio.
Alberto Berardi
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