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Il grande Crocifisso di Giuliano Vangi nell’ufficio del sindaco di Pesaro
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I valori di una cultura
Arriva in tempo per il nostro numero di Natale la recente sentenza della “Corte europea dei diritti dell’uomo” di Strasburgo: un organismo del Consiglio d’Europa che – ricordiamo – non ha niente a che fare con l’Unione Europea. La sentenza ha dato ragione a una cittadina italiana (di origine danese) che contestava la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche frequentate da suo figlio. Se questa pronuncia fosse basata sul rispetto degli altri culti presenti nel nostro Paese, rivelerebbe una certa ignoranza in materia religiosa: perché i credenti delle religioni monoteistiche riconoscono la figura di Gesù Cristo come uno dei profeti della loro stessa fede. I musulmani sono addirittura più rispettosi dei personaggi del culto cattolico rispetto alle stesse Chiese cristiane protestanti. Se invece la motivazione si basa sul principio di laicità dello Stato (come in Francia, dove è vietato qualunque simbolo religioso negli edifici pubblici) la decisione ci sembra ugualmente discutibile. Infatti la cultura del cristianesimo, in tutto il mondo occidentale, va molto al di là della professione religiosa: fa parte di un’identità storica, civile e morale che ci comprende tutti (anche senza scomodare un illustre filosofo laico come Benedetto Croce). Il crocifisso, quindi, non è più soltanto il simbolo di un’appartenenza religiosa ma la testimonianza di una rivoluzionaria predicazione di amore, di uguaglianza e di pace tra gli uomini che ha cambiato i valori di un’intera civiltà. Francamente non capisco come possa dar fastidio a qualcuno l’immagine di questo povero Cristo che ci ricorda dal muro i suoi princìpi quasi universalmente apprezzati, anche se sicuramente molto disattesi nel corso dei secoli. Pubblichiamo di seguito altri interventi su questo tema, di diverso orientamento.
A.A.
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