Nasceva a Firenze il 23 marzo 1837, con il cognome Ottoni (seppure corresse voce fosse figlia di Giuseppe Potianowski, spiantato discendente del re di Polonia) la marchesa Virginia Elisabetta Luisa Carlotta Antonietta Teresa Maria. All’età di diciassette anni sposava, benché non l’amasse, Francesco Verasis conte di Castiglione Tinella che – di contro – era perdutamente invaghito di lei. Di una bellezza folgorante, intelligente e disinibita, dopo il matrimonio si trasferiva da La Spezia, dove abitava, a Torino. Presentata a Vittorio Emanuele di Savoia, lo ammaliava e ne diventava l’amante. Il freddo calcolatore Camillo Benso conte di Cavour, cugino del marito, ne coglieva invece le capacità d’intrigo e decideva di servirsene per sedurre Napoleone III ed avvicinarlo alla causa risorgimentale; ben sapeva il presidente del Consiglio che, senza l’aiuto della Francia, non sarebbe stato possibile liberarsi dell’Austria e dello Stato pontificio che dominavano gran parte dell’Italia. Recatasi dunque a Parigi con il marito, faceva spettacolare ingresso a corte vestita da antica dea, seminuda e provocante, strabiliando i presenti e in particolare Napoleone, colto subito da profondo innamoramento; la sua missione di spia era così estremamente facilitata. I continui tradimenti di Virginia (si diceva avesse rapporti intimi addirittura con una miriade di personaggi più in vista del tempo) inducevano il marito, ormai rovinato per soddisfare i suoi capricci, a chiedere ed ottenere la separazione. Oltre alla notorietà per la disinvolta vita sentimentale, la contessa aveva giustamente anche la fama d’essere una delle donne più belle ed eleganti dell’epoca. Amò infatti abiti spettacolari, audaci, dai colori violetto, lilla, indaco e malva che non indossava mai più di una volta. Rivoluzionò la moda femminile con l’adottare sottovesti fruscianti di seta invece delle imbottiture; e leggeri indumenti intimi di raso, sostituendoli ai pesanti e lunghi mutandoni stretti alle caviglie. Introdusse il vezzo delle lenzuola colorate – che amava verdi, nere, violette – l’uso di corte culottes, al posto delle lunghe braghe, e di calze da fermare alla coscia con nastri sensuali arricchiti da pizzi leggiadri. La si potrebbe quasi definire grafomane per il numero degli scritti sulla sua vita; era forse costantemente presa dal desiderio di lasciare duratura memoria di sé. Nel Jurnal intime, ad esempio, narrò i tanti incontri con gli amanti usando anche una sorta di cifrario per definire particolari momenti d’intimità: con “e” sottintese semplici carezze, con “b” baci e carezze, con “bx” baci e carezze più audaci, con “f” l’amplesso, con “ff” l’amplesso ed un rapporto sentimentale-economico. La contessa di Castiglione moriva a Parigi nel 1899, dopo essersi ritirata a vita solitaria ed ormai da tempo inebetita.
Leon Lorenzo Loreti
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