La chirurgia bariatrica (dal greco barýs = pesante) non deve essere intesa come chirurgia estetica, ma è un intervento chirurgico vero e proprio che mira alla riduzione del peso corporeo al fine di curare o prevenire le numerose malattie ad esso legate. L'effetto estetico che si ottiene è un puro effetto collaterale.
L'obesità è una delle patologie più diffuse nei Paesi industrializzati ove si calcola che circa il 20% della popolazione abbia un eccesso di peso corporeo. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sostiene che l'obesità è in aumento e per questo l'ha inserita tra le patologie da sconfiggere nel Terzo Millennio definendola “uno dei maggiori problemi di salute pubblica dei nostri tempi”, e addirittura una “epidemia globale”. In Italia un adulto su tre risulta essere in sovrappeso ed il 9,5% della popolazione francamente obesa: ciò equivale a dire che circa 5 milioni di italiani sono affetti da obesità. Si tratta di una situazione ad alto rischio. Secondo alcuni studi, infatti, gli obesi vivono un terzo in meno delle persone che hanno un peso nella norma.
L'obesità crea un generale sovraccarico di lavoro per tutto l'organismo causando una riduzione considerevole delle aspettative di vita. Le malattie provocate sono il diabete, l'insufficienza respiratoria, l'insufficienza cardiaca, la sindrome delle apnee notturne, l'ipertensione, le varici, l'artrosi, l'impotenza, la gotta, l'aumento del colesterolo e dei trigliceridi, la calcolosi della colecisti e i tumori gastro-intestinali.
L'operazione chirurgica viene presa in considerazione dopo che hanno fallito diversi trattamenti dietetici o sono comparse malattie a rischio per il paziente obeso. I criteri a cui si attengono i diversi centri di chirurgia bariatrica sono:
- L'indice di massa corporea deve essere superiore a 36 (viene calcolato dividendo il peso in chilogrammi per il quadrato dell'altezza in metri);
- Obesità presente da più di 5 anni e non dovuta a cause ormonali;
- Età compresa tra i 16 e 60-65 anni;
- La presenza di ipertensione, diabete, artrosi dell'anca, delle ginocchia o dei piedi;
- Pazienti che garantiscono una piena collaborazione.
Non vengono invece candidati ad intervento i bambini, le persone di età avanzata con rischio operatorio troppo elevato, le persone affette da dipendenze da droga o da alcool e da gravi patologie psichiatriche, e coloro che possono avere problemi specifici in base alla tecnica operatoria scelta.
Oggi l'avvento della laparoscopia, cioè della possibilità di effettuare gli interventi chirurgici mediante l'uso di strumenti introdotti nella cavità addominale attraverso piccoli fori sulla parete guidati da una telecamera anch'essa introdotta attraverso un piccolo accesso cutaneo, ha radicalmente modificato tale tipo di chirurgia ponendo fine ad una serie di complicanze tipiche del paziente obeso. Non bisogna trascurare inoltre l'abbattimento dei costi sociali sotto il profilo della degenza ospedaliera (che si riduce nettamente) e la precoce ripresa lavorativa dei pazienti stessi. I pazienti che afferiscono ad un centro vengono valutati dal chirurgo, dallo psicologo clinico e dalla dietista. I tre specialisti esaminano il paziente separatamente ma in un unico appuntamento, riducendo così il dispendio di tempo del paziente stesso e favorendo il passaggio di informazioni all'interno del team. Al paziente viene consegnato un manuale che contiene informazioni sulla malattia, i rischi, la morbilità e la mortalità ad essa correlati, le indicazioni e le controindicazioni, oltre a test psicologici e a un diario alimentare con gli esami ematici di screening. Un mese prima della data prevista per l'intervento, il paziente viene richiamato a colloquio con il chirurgo per verificare l'effettiva volontà a sottoporsi all'intervento, e la perfetta presa di coscienza dei rischi e delle complicanze, e viene firmato il modulo di consenso informato. Dopo la dimissione il paziente viene indirizzato ad un internista competente che dovrà impegnarsi a seguirlo anche nei mesi e negli anni successivi, perché, qualunque sia la tecnica chirurgica prescelta, il paziente dovrà sempre sottostare a delle regole dietetiche e a dei controlli periodici che devono considerarsi “a vita”.
Gli interventi si dividono in due gruppi:
a) quelli che riducono il volume dello stomaco, determinando una minore introduzione di cibo;
b) quelli che determinano una riduzione delle capacità di assorbimento delle sostanze nutritive da parte dell'intestino (malassorbimento).
Del primo gruppo fanno parte gli interventi di restrizione gastrica, come la gastroplastica verticale e il bendaggio gastrico regolabile; e quelli di stimolo della sazietà, come l'elettrostimolazione gastrica. Del secondo gruppo l'intervento che dà migliori risultati per ridurre l'assorbimento intestinale è la diversione bilio-pancreatica.
La gastroplastica verticale
L'intervento consiste nel praticare un foro nella parete dello stomaco e, attraverso questo, nel “cucire” la parete dello stesso verso l'alto rendendo così disponibile al cibo solo un piccolo tratto verticale. Alla base di questo piccolo tratto di stomaco si pone un anello di materiale inerte per evitarne la dilatazione e frenare lo svuotamento del nuovo stomaco, prolungando il senso di sazietà. E' necessaria una collaborazione da parte dell'obeso perché deve mangiare in modo corretto accettando di ingerire molto meno di quanto era abituato; il cibo deve essere ridotto in piccolissimi frammenti masticando a lungo.
Il bendaggio gastrico regolabile
L'intervento consiste nel posizionare intorno alla parte alta dello stomaco un bendaggio di silicone che si chiude davanti allo stomaco stesso in modo da creare un meccanismo a “clessidra”: dove la parte superiore è molto piccola e la parte inferiore, al di sotto del bendaggio, molto più grande. Dal bendaggio parte un tubicino collegato ad un piccolo serbatoio posto nella parete addominale che può essere gonfiato o sgonfiato aggiungendo o togliendo liquido con una siringa, con relativo allargamento o restringimento del bendaggio.
L'elettrostimolazione gastrica
E' la tecnica più recente che non dà effetti collaterali (vomito) e complicanze. Questa metodica (ancora in fase iniziale) consiste nel sistemare sottocute un apparecchio che, collegato allo stomaco con un filo alla cui estremità è posto un elettrodo, stimola elettricamente la contrazione gastrica (pace-maker). Le piccole scariche elettriche hanno la funzione di potenziare le contrazioni delle pareti dello stomaco creando così una tensione, con senso di sazietà precoce.
La diversione bilio-pancreatica
La diversione bilio-pancreatica introdotta nel 1976 dal professore Nicola Scopinaro dell'Università di Genova è un intervento molto complesso ma dà i risultati più sicuri e duraturi del tempo. Si riduce la dimensione dello stomaco, si separa il percorso degli alimenti da quello della secrezione biliare e pancreatica che è indispensabile per l'assorbimento intestinale dei grassi e farinacei. Si asporta la parte terminale dello stomaco, si seziona poi l'intestino e si collega un moncone a quanto residuato dello stomaco, mentre l'altro capo viene collegato all'intestino tenue riducendo così a soli 50 centimetri il tratto di intestino in cui il cibo è a contatto con la secrezione biliare e pancreatica. Cibo e secrezioni percorrono due strade diverse e si incontrano soltanto a mezzo metro dal punto in cui l'intestino tenue incontra il colon. E' un intervento anatomicamente non reversibile, che si basa sull'induzione di un “malassorbimento” specifico per i grassi e gli zuccheri. Il rischio principale è la malnutrizione proteica: vi può essere una carenza soprattutto di ferro, calcio e di vitamine del complesso B che necessitano di terapia sostitutiva. Come effetto collaterale si ha un aumento delle evacuazioni giornaliere e feci sempre molli (perché ricche di grassi che non sono stati assorbiti), untuose e maleodoranti. E' l'unica scelta per i super-obesi ed è l'ideale per chi non ha la volontà di modificare, dopo l'intervento, il proprio regime alimentare.
Vincenzo Vitale