Sabato, 5 agosto. Serata afosa con nubi nere nel cielo grigio. Alle ore 19,45 le mie amiche Frank-Kiss, madre e figlia, tornando da una conferenza sul "Tancredi", si fermano alla mia Bottega in Via Rossini e mi dicono: "Abbiamo visto tra il pubblico anche il tuo amico Naponelli".
"Allora – rispondo – se è in centro, verrà sicuramente a trovarmi...".
Aspetto fino alle 20, ma Nino non si vede. Torno a casa e alle 20,15 gli telefono: nessuno risponde. Gli squilli ripetuti cadono nel vuoto. "Forse – penso – sarà andato alla prima de "L'Assedio di Corinto"..."
Alle 21,30 bussano alla porta i miei vicini Liliana e Giovanni Delfino e mi annunciano, tempestivamente avvisati da Gabriella e Renato Bertini (per evitare di dirmelo al telefono), che Nino Naponelli è morto improvvisamente. Renato lo ha salutato alle 20, mentre entrava in casa; alle 20,15 quando gli ho telefonato, nessuno ha risposto: forse Nino ha sentito gli squilli, ma non ha avuto la forza di sollevare la cornetta... Ma la realtà ora, purtroppo, ci dice che Nino Naponelli non è più con noi con le sue risate e la sua simpatia, la sua ironia graffiante e dolce insieme.
Molto spesso, se non avevamo altri impegni, la domenica andavamo a mangiare insieme in qualche ristorante; e immancabilmente prima o dopo pranzo, passando a casa sua, voleva il mio parere sui suoi ultimi lavori, sulle idee, devo dire sempre originali, e sui vari toni di colore che aveva adoperato; e sempre gli chiedevo anche i titoli dei suoi quadri, perché erano e sono parte integrante dell'opera stessa. Ed era un divertimento parlare con lui anche quando raccontava episodi della sua vita passata e molto triste, immersa in una "miseria nera", come diceva lui; e anche lì trovava lo spunto per la battuta ironica, per lo sberleffo sarcastico! Era un piacere averlo come interlocutore: intelligente, acuto, spiritoso... e ora? Ora non resta che un grande vuoto.
Mi raccontava anche dei "bocconi amari" ingoiati quando ancora faceva ceramica: in alcune fabbriche, per trovare la scusa di un licenziamento, dicevano che "Non sapeva fare le testine!"; in altre che "Non sapevano cosa fargli fare". E io gli rispondevo: "Nino, guarda, la stessa frase, trent'anni fa l'ha detta – parlando di me – un regista: "Non so cosa fargli fare!..." E io invece, nella mia carriera di attore, ho interpretato veramente di tutto: dal bambino quattordicenne in una favola divertente a tantissimi Amorosi, Attor giovani e moltissimi Caratteri di ogni tipo, buoni e cattivi. Quel regista, ora defunto, si era proprio sbagliato; la stessa cosa è successa a te, Nino: "Non so cosa fargli fare!", frase detta da gente che non ha idee e non sa valutare le persone che ha intorno".
Questi nostri ricordi, ora, carissimo Nino non ce li possiamo più raccontare, come facevamo spesso di fronte ad un piatto fumante di tagliatelle allo scoglio o all'arrosto misto di pesce condito da tante nostre risate e da tante battute spiritose, a volte geniali, che rimarranno per sempre nella mia memoria. Fortunatamente, però, sarai vivo per sempre e per tutti con la tua pittura: con gli Autoritratti del '45, con la Zia Ines, con i tuoi panneggi così personali che nessuno potrà mai imitare, con le tue chiavi, gli ombrelli, le farfalle, le spille da balia o le forbici o le sedie che diventano nei tuoi quadri oggetti misteriosi, personaggi affascinanti, figure mitiche: Dalila, Saffo, Ganimede, poi Enigma, L'ombrello dei ricordi, La chiave del mistero e Il nodo della vita. E proprio il nodo della tua vita si è stretto troppo presto, troppo repentinamente intorno a te, in una calda sera d'agosto, con nuvoloni neri in cielo e l'acre odore di tuoni lontani. Addio Nino!
Claudio Sora