Giovanna, amica mia, sei sempre stata la più bella (conoscendoti, avresti detto: “bello sforzo”), la più intelligente. Sapevi di greco e di latino, tu leggevi Baudelaire, noi i fotoromanzi, tu ascoltavi i Pink Floyd, Donovan, noi Claudio Baglioni. Ma sei stata anche la più sfortunata, la vita non ti ha risparmiato niente in fatto di dolori. Forse è per questo che sei sempre stata chiusa, direi riccia, sferzante, sarcastica, la tua lingua era spesso tagliente e non risparmiava nessuno. Io ti ammiravo per questo. Durante le nostre passeggiate in cima “alle rive” o a San Nicola parlavamo di tutto, persino della morte, ma quasi mai della nostra vita privata. Ci bastava uno sguardo per capirci e io ero quella che ti faceva ridere. Un giorno mi hai detto, ridendo, che non dovevamo più uscire insieme perchè le era venuta la “erre moscia” come a me. Poi la vita ci ha separati, io mi sono sposata e sono andata ad abitare fuori Pesaro. Ci sentivamo per telefono (il tuo numero è l’unico che non ho mai scritto in rubrica o nel menù del mio telefonino) e facevamo, come dicevo io, i ”remember”. Poi ti sei ammalata, ma purtroppo noi non avevamo capito la gravità, credevamo (e speravamo) fosse qualcosa legato all’alimentazione, invece... Ti abbiamo rivista in quel letto d’ospedale, morta ancora prima di morire, e poi sola, sola, sola. Sei passata in questa vita come una sferzata di vento freddo che ti colpisce il viso e ti ferisce il cuore. Ciao Giovi.
Giannina Gregori
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