Ho conosciuto Nino Ferri fin da ragazzo. Per me è sempre stata una persona che incontravo ma con cui non avevo modo di dialogare. Un incontro effettivo c'è stato nell'ambito della scuola media, quindi ci siamo incontrati sui banchi di scuola; ma un rapporto di collaborazione sul lavoro lo abbiamo avuto solo intorno ai trent'anni. Infatti nel momento in cui io ricevetti l'incarico di Direttore della Biblioteca Comunale Federiciana, Nino Ferri era vice-sindaco e assessore alla Pubblica Istruzione. Quindi i rapporti con me nel ruolo di Direttore della Federiciana erano costanti, ma non solo con me, ma anche con l'avvocato Enzo Capalozza che non solo era mio estimatore ma era soprattutto grande amico e collaboratore di Nino Ferri. Nino Ferri discuteva, decideva sempre unitamente a Enzo Capalozza tutto ciò che doveva essere fatto e con me veniva sempre discusso e deciso tutto quello che doveva essere pubblicato su quella rivista intitolata Fano, che era un notiziario periodico (ne uscivano 3-4 numeri all'anno) e che poi era collegato con un supplemento annuale, un volume di studi storici su Fano e i suoi personaggi più o meno illustri. E' stato allora che ho cominciato a conoscere ed apprezzare la sua preparazione nel campo della storia, cultura, vita cittadina.
Quante volte i fanesi mi hanno visto per il Corso con Nino Ferri e Enzo Capalozza; questo perché si discuteva insieme, si prendevano decisioni, si esaminavano articoli e scritti da pubblicare. Questo è stato il mio rapporto con Nino e la fiducia che ha sempre dimostrato verso di me si è poi estrinsecata nel fatto che ogni volta che voleva pubblicare qualcosa non mancava sempre di farlo vedere a Capalozza e al sottoscritto. Ciò è accaduto ripetute volte anche con il suo volume di studi storici e recentemente con un libro, tuttora inedito, di ricordi e memorie relative a Fano e agli ambienti fanesi da lui frequentati, in particolare il Caffè Centrale. Bisogna dire che Nino Ferri era legatissimo alla sua città e legatissimo in particolare a quell'ambiente di discussione, di polemica, di incontro che era il Caffè Centrale. Lì eri sempre sicuro di poterlo trovare e debbo dire che anche nel suo ultimo manoscritto gli episodi più simpatici, più significativi sono proprio collegati a personaggi, vicende di quell'ambiente.
Nino ha avuto un momento di grande fortuna politica da vice-sindaco. Avrebbe potuto anche diventare assessore o consigliere regionale, ma fu proprio lui a non aspirare a questo progresso nell'ambito della carriera politica perché era legato alla sua città, non voleva lasciarla e, come giustamente ha detto in una recente confidenza Roberti, che fu suo segretario, quando gli si prospettò di andare a lavorare ad Ancona, disse: "Ma ad Ancona c'è il Caffè Centrale?". Questo dimostra il suo attaccamento a Fano e agli ambienti fanesi. Non ho conosciuto Nino Ferri nell'ambito della sua vita quotidiana nei momenti dei divertimenti. Il mio era soprattutto un rapporto di lavoro serio, di discussione quasi sempre con la collaborazione e la frequenza di Enzo Capalozza. In questi ultimi anni, dopo la scomparsa di Capalozza, io Nino Ferri lo vedevo spesso. Ci si incontrava per il Corso, si discuteva, si esaminavano i problemi fanesi e debbo testimoniare che fino agli ultimi giorni si è sempre preoccupato di quello che si faceva a Fano, di quello che i politici facevano o avrebbero dovuto fare; e non si rassegnava a non essere ascoltato perché in fondo ci teneva che la sua opinione venisse presa in considerazione e valutata.
Torno a dire che Nino Ferri è stato un amico, un amico sincero, spontaneo, non abbiamo mai avuto modo di contrapporci. Pur sapendo benissimo che le mie idee non collimavano sempre con le sue, ci siamo sempre rispettati a vicenda.
Franco Battistelli
Il Caffè Centrale
Il Centrale non è solo un Caffè, è un luogo singolare, unico, irripetibile. Tanti lo hanno ritenuto un luogo di snob, di ricchi. Non è stato e non è così, almeno in questi ultimi trenta anni.
Vi sono i parvenus, ma hanno vita tribolata. Ciò che vi è di singolare non è tanto l'ambiente, di certo raro: sono i personaggi. Le due eredi sono ineffabili e simpaticissime. La signora Edvige ricorda, in fanese, i tempi e la cucina antica (le cristaiát, i taiulin sal pundor, i taiulin sa la biada)e sembra di rivedere e sentire le matre e le pentole di rame e di coccio… e gli odori per la casa alle sette di mattino.
La svolazzante Iolanda sorride ed ammicca, mai irata, qualche volta benigna; e poi v'è il caro Tino, un autentico gaffeur: ad una signora di cospicue ricchezze disse un giorno nel porgerle un tè: "Che bel collare, signora, tutto d'oro zucchino?!".
Tom Storer vi arrivò un pomeriggio a piedi con un suo amico inglese che teneva alla briglia un grosso cavallo, lo legarono ad un albero, scalciava sassi sulle tazze delle clienti in collana, sui visi, Bebe e Tino fecero una rumorosa lite per la "competenza" a scacciarli!
Corrado vi arrivò a mezzanotte in taxi da Milano(da Chicago in volo): fu accolto da molti giovani con applausi e l'autista rimase sino all'alba per sentire raccontare di John Dillinger e Nelson Rockfeller e del generale Malinosky che cacciò via con sdegno la "pacca" amichevole di Charles De Gaulle sulle sue spalle; sino all'alba e gli dispiacque andarsene.
Ci vorrebbe la penna (senza patemi) di Luciano Anselmi per descriverli tutti, i personaggi, in particolare gli extra muros che vi ritornano immancabilmente con tante domande da porre.
V'è chi arriva, ad ogni ora, sornione, lindo, imperturbabile. E' un incontro di generazioni, di amicizie originali, di occasioni rare. L'ironia e la pazienza sono le qualità che più occorrono per esservi presenti.
Ginetto, che è il primo, giunge da tempo nel tardo pomeriggio, "sosta e guata" e scompare per un appuntamento in una via antica. Peppe il secondo giunge di notte pronto ad assegnare ai saccenti e ai petulanti frecciate micidiali, ricordando a tanti le loro origini: "ma coh!… tu nonn giva…!".
Eolo c'è, in molte ore, dipinge e scrive versi. Si vedono, in lui, i segni d'una guerra – disumana ed assurda sempre – in un Paese lontano in cui fu costretto ad andare… è rimasto indelebile nel suo ricordo il colore del girasole insieme all'invito di "non andare in Russia neppure d'estate!".
I quasi vecchi sorridono, altri rimangono silenziosi e melanconici, i meno giovani guardano le nuove generazioni avanzanti e esprimono talvolta la consueta nostalgia dei se e dei ma.
Il Centrale, per chi sa coglierlo nelle sue minuzie è un'altra famiglia, che abbonda di difetti e magari di vizi e con questi di tante buone virtù, come ovunque.
Scenario di antiche consuetudini quei tigli, quel superstite cedro vetusto, quella scuola. Testimonianze le notte di discorsi (in cui alla stranezza deve aggiungersi la genialità), i lunghi e meditati silenzi, patrimonio di affinità, di affetti, di concordia discorde.
Nino Ferri