"Un uomo finito" di Giovanni Papini, Ed. Ponte alle Grazie.
Dato che non mi fido dell'intelligenza dei critici (maestri nell'arte di complicare anche le cose semplici) la spiegazione del libro ve la faccio dare direttamente da lui, Giovanni Papini, fiorentino, e che assai generosamente ce ne fornisce sei: "vera storia di un cervello; tragedia con un solo personaggio; sinfonia interna in quattro tempi; inutile sfogo di un impotente; documento scientifico per lo studio della mania della grandezza; ripulitura di un'anima che vuol rinascere".
In pratica, direte voi, la solita noiosa autobiografia intellettuale! No invece, per due ragioni: non è noiosa e non è solo un'autobiografia intellettuale ( o "storia di un cervello", se preferite); lo stile di scrittura è da "formula uno" e l'intenzione dell'autore, più che un autoesame psicologico, è la volontà di contagiare: convertire le persone al credo dell'essere, contrario a quello da loro praticato dell'apparire. Ma forse questa mia ultima affermazione può confondervi. Intendiamoci: Papini non è un moralista di quelli che riempiono le chiese la domenica. L'unico peccato ch'egli ritiene la gente compia, è quello verso se stessa: ed è quello che ammazza nelle persone la voglia di sapere tutto, di conoscere tutto, di ragionare con la propria testa, e di buttarsi in giuste imprese, anche se fallimentari. Papini, per quanto detto, disprezza profondamente la massa che della vita addenta solo la superficie, ma è sempre pronto a ritrattare il suo giudizio su di essa, a patto che maturi, e che le mezze persone che abitano questa terra, diventino finalmente uomini... per intero!
Lorenzo Bolognini
L'Editrice Quattroventi ha pubblicato "I bronzi dorati di Pergola. Un enigma?". Il libro, curato da Mario Luni e Fermo G. Motta presenta interessanti contributi dello stesso Luni, su "Il gruppo scultoreo di Cartoceto e la statuaria in bronzo nell'area medio-adriatica" e del sovraintendente regionale all'archeologia Giuliano De Marinis su "Gli interventi conservativi: i contributi delle analisi" e di Filippo Coarelli "I bronzi di Cartoceto - Un'ipotesi". Ancora oggi si dibatte sull'origine del gruppo equestre e sulla loro definitiva collocazione.
Sono stati pubblicati gli atti del convegno "Giacomo Torelli (1604-1678), scenografo e architetto dell'antico Teatro della Fortuna di Fano", a cura di Massimo Puliani, Editrice Centro Teatro. Sono raccolti gli interventi e i saggi di numerosi studiosi fra i quali ricordiamo Franco Battistelli, Gualtiero De Santi, Franco Piva e Lorenzo Bianconi. Il libro ripercorre la vita del grande scenografo Giacomo Torelli, dal suo periodo giovanile a Fano all'esperienza veneziana tra iconologia e iconografia. Un lungo periodo di soggiorno francese alla corte del re Sole poi nel 1661 il suo ritorno a Fano e l'inizio del progetto del Teatro della Fortuna, che da poco tempo è stato riaperto al pubblico.
L'Editore Quattroventi ha pubblicato "Pietas e allattamento filiale - la vicenda, l'exemplum, l'iconografia". Si tratta di un colloquio svolto in Urbino dal 2 al 3 maggio 1996, a cura di R. Raffaelli, R. Danese e S. Lanciotti. La raccolta di relazioni sulla Pietas filiale è il frutto di studi e ricerche che prese il via nell'agosto 1995, quando alla presentazione dell'opera Zelmira al Rossini Opera Festival, si scoprì che nel libretto di Tottola per Rossini, l'eroina Zelmira "riesce a salvare il padre celandolo in un sepolcro e nutrendolo anche col proprio latte materno". Di fronte a questo esempio di Pietas filiale, la memoria dei classicisti non poteva non riandare a Valerio Massimo e all'episodio della giovane donna romana che salva di nascosto, con il proprio latte, la madre condannata a morire di fame in carcere.
Paolo Montanari