Avete mai fatto caso a questo stemma? È possibile trovarlo murato sopra la porta di ingresso di alcune vecchie case coloniche della nostra provincia, in particolare nel comune di Pesaro e dintorni. Personalmente lo vidi per la prima volta circa trent’anni fa, stampato sui tovaglioli di carta che ci aspettavano sopra i tavoli della pizzeria “La Casaccia” di Gradara. Ma che cosa significava quella elegante E in corsivo maiuscolo all’interno di uno scudo, sovrastata da una corona reale e impressa su di una formella rettangolare in cotto? La risposta era affidata a quanto si poteva leggere sul tovagliolo di carta del ristorante: “La Casaccia, antico casolare facente parte dell’ex appannaggio di Eugène de Beauharnais, viceré d’Italia”. Cercai subito notizie sui pochi libri disponibili all’epoca e giunsi a scoprire, in sintesi, quanto segue: Eugène de Beauharnais, nato a Parigi nel 1781 e morto a Monaco di Baviera nel 1824, era figlio del visconte Alexandre de Beauharnais (morto ghigliottinato nel 1794) e di Joséphine de Tascher de la Pagèrie. Mamma Joséphine, rimasta vedova, si risposa nel 1796 con un giovane e promettente generale francese, nientemeno che Napoleone Bonaparte. Fu proprio Napoleone, dopo aver conquistato l’Italia, a nominare nel 1805 Eugène de Beauharnais Viceré del nuovo Regno d’Italia in quanto aveva grande fiducia in questo suo figliastro poco più che ventenne ma ormai lanciato verso una brillante carriera militare. Fu proprio grazie a tale titolo che nel 1810 il nostro Eugène ricevette da Napoleone un ricco appannaggio formato da beni confiscati ad enti ecclesiastici e consistente in decine di palazzi cittadini e circa 2300 tenute agricole con tanto di case coloniche alle quali Eugène, in qualità di Vicerè, pensò bene di apporre il proprio emblema: l’iniziale del suo nome all’interno di uno scudo con al di sopra la corona del Regno d’Italia. Alcune di queste case, con tanto di stemma, si possono trovare ancora oggi nel territorio del comune di Pesaro (in particolare sul San Bartolo), a Gradara, nei pressi di Tavullia, a Mombaroccio, Marotta e Cerasa. Ma lo stemma non ha sempre seguito il destino della casa: a volte è stato lasciato nella sua sede originaria a far bella mostra di sé e del suo glorioso passato in un edificio spesso ristrutturato e magari trasformato in agriturismo o ristorante, in alcuni casi è stato addirittura “grattato via” forse dai nuovi proprietari o consumato dagli agenti atmosferici oppure asportato a causa della demolizione della casa (per poi essere murato nuovamente in un edificio di recente costruzione).
Pa. Po.
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