Sarà vero che le donne hanno il “senso pratico della vita” più degli uomini? Sinceramente non sono riuscito a darmi una risposta. Mi mette in crisi la comprensione di questa affermazione. Vorrà significare che le donne sanno muoversi con più disinvoltura e funzionalità di fronte ai problemi del quotidiano? Che sono determinate e tenaci nel raggiungimento degli obiettivi, privilegiando la concretezza ai bizantinismi inutili? O che sanno inventarsi la vita, giorno dopo giorno, disimpegnandosi brillantemente nel lavoro e nella famiglia? Qualcuno dice: sicuramente le consumatrici fanno tutto con gioia, con grande voglia di vivere, con ottimismo disarmante. Lontane, a volta forzatamente, dai grandi problemi sociali e dai complicati temi dispersivi, canalizzano le loro energie nella vita spicciola tonificandola e aggraziandola e ristabilendo i rapporti con le piccole cose. Di più. Le consumatrici, al di là del termine stretto e giuridico, incidono sui comportamenti, sulle scelte di vita, sulle idealità e speranze, contribuendo a rigenerare la forza di resistenza messa a dura prova dalle insicurezze sociali.
Non mi sembra che sia proprio così. Il loro senso pratico si consuma nel successo e nei soldi; nello scontro preordinato di potere con gli uomini, nella rigida affermazione delle proprie ragioni riesumate per spirito di rivalsa. Se senso pratico vuol dire risoluzione dei problemi, semplificazione delle cose, equi compromessi, raggiungimento di standard di vita qualitativi ed equilibrati, allora non ci siamo. Successo e denaro non si conquistano per meriti. Il lavoro onesto permette di vivere dignitosamente con qualche lira in più. Il resto è baratro. Se vogliamo che ritorni il senso pratico demitizziamo i consumi, rivitalizziamo la cultura di donna, compagna e madre poiché la disciplina nei consumi, il limite nei comportamenti, la giudiziosa umiltà dell'onestà intellettuale, potrebbe restituire dignità alla schiera di ometti, asini da soma, che si sbattono tutto il giorno per un dollaro in più. Erich Fromm ha scritto: “Originariamente l'idea di consumare di più e meglio significava dare all'uomo una vita più facile e soddisfacente. Il consumo era un mezzo per un fine: la felicità. Esso ora è diventato fine a se stesso. Il costante incremento dei bisogni ci costringe a uno sforzo sempre crescente e ciò ci fa dipendere da questi bisogni e dalle persone e dalle istituzioni con il cui aiuto li soddisfiamo”.
Stefano De Bellis
|