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Voglia di pace
e conflitto sociale

Recentemente si è letto su un giornale locale: “Si studia la pace in quattro giornate”, riferendosi ad un convegno organizzato ad Urbino. Ma si può davvero “studiare” la pace? Sono così capaci gli eruditi professori universitari di Urbino?
Il giorno dopo l'attentato terroristico di Londra si sono riviste sventolare a Roma le bandiere della pace… Marce, sfilate, discorsi, conferenze, un fiume di scritti e di immagini per chiedere la pace nel mondo!  Ma non è demenziale tutto ciò? A chi viene rivolta questa richiesta, ai potenti della terra? E questi potenti, guerrafondai per natura, sarebbero in grado di “donarci” la pace? Ci siamo accorti forse soltanto oggi, dopo circa tremila anni di civiltà ed oltre cinquemila guerre combattute, che l'umanità ha assoluta necessità di convivenza pacifica? Non è forse la pace come la libertà? Soltanto l'uomo prigioniero, psicologicamente o effettivamente va in cerca e richiede la libertà, ma l'uomo libero non ci pensa affatto, poiché la vive in modo perfettamente naturale. Così è per la pace: soltanto chi non è in pace con sé stesso e con gli altri la cerca e la richiede, ma l'uomo pacifico, sincero, onesto, non la cerca affatto, poiché la vive quotidianamente e semplicemente, rendendosi conto che è un elemento essenziale di convivenza. Infatti, malgrado tutti i nostri pensieri e le nostre azioni siano rivolte alla separazione, gli scienziati hanno accertato che l'uomo isolato non può vivere, poiché è fatto per essere insieme; la nostra vita, quindi, è basata sul rapporto, con gli altri, con la natura, con le cose, con le idee, ecc., ed è proprio questo “interscambio” a livello individuale che costituisce ed è alla base della “società”. In sostanza noi siamo la società e questa non è e non può essere diversa da noi.
Purtroppo abbiamo creato una società crudele, insensibile e corrotta: questo l'hanno fatto i nostri antenati, ma noi che l'abbiamo ereditata, l'abbiamo approvata, abbiamo pienamente aderito a tutta questa struttura e l'abbiamo continuata a gestire coscientemente, ne siamo i pieni responsabili. Dobbiamo renderci conto che veniamo istruiti alla violenza e preparati per la guerra fin dalla  più tenera età: le favole per i bambini contengono sempre il  “buono” ed il “cattivo”, generalmente identificato con il “brutto”; le maestre elementari sgridano gli scolari svogliati e li invitano a comportarsi come quelli “bravi”, additandoli come modelli da seguire; tutti gli insegnanti delle scuole giudicano gli allievi con scrutini, voti, ecc., dicendo loro che cosa è bene e che cosa è male: nessuno insegna loro come dovrebbero usare al meglio la propria intelligenza, per poter capire da soli come comportarsi nella vita. Lo Stato e le varie religioni fanno valere la loro autorità, pretendendo obbedienza cieca… Abbiamo la nostra mente strutturata sulla violenza e non possiamo fare a meno di  fare  confronti, paragoni, misure, alimentando giudizi, pregiudizi ed opinioni varie (sono tutte manifestazioni di violenza, se ci pensiamo bene).  Il fatto è che tutto quello che è il contenuto della nostra coscienza (invidia, ambizione, gelosia, vanità, paura, ricerca del potere, del piacere, della soddisfazione, della rispettabilità, ecc.), noi lo travasiamo all'esterno nei nostri rapporti quotidiani, creando così  questa società mostruosa!  Siamo noi quindi i responsabili di tutte le guerre, di tutte le discordie e  delle violenze inaudite che vengono perpetrate nel mondo; una guerra può iniziare trent'anni prima che venga combattuta e non c'è modo di fermarla! Sembra così che la pace non possa essere altro che un intervallo tra una guerra e l'altra.
Con tutto questo, come possiamo ricercare la pace e vivere in pace? Le autorità, di qualunque ordine e grado, parlano di pace solo per convenienza, rispettabilità e calcolo, ma la loro coscienza  è intrisa di ipocrisia e di violenza ad un livello superiore alla media, poiché per salire ai vertici della scala sociale, religiosa o civile, hanno dovuto combattere aspramente contro altri pretendenti ed una volta arrivati, vogliono conservare il loro potere ed i loro privilegi. Perciò se vogliamo la pace, dobbiamo ricercarla “in primis” dentro di noi, dobbiamo vedere gli effetti devastanti della violenza, per andarne al di là, per pulire  la nostra coscienza da ogni ombra che oscuri i rapporti di gentilezza, di rispetto, di bontà e quindi di amore e passione verso tutti gli altri.
A questo punto dovremmo fermarci, meditare profondamente su questa società disordinata, mettendo tutto in discussione, per poter azzerare tutti i nostri concetti di moralità,  di rispettabilità, di sicurezza, ecc. (tutto basato sul nostro egoismo più sfrenato) ed infine creare una nuova società, dove ci si senta responsabili pienamente di ogni altro essere umano e si possa così vivere insieme pacificamente con la massima sicurezza. La vita non può essere uno sterminato campo di battaglia!  

Luciano Razzi

 


 
 
 
 
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