Numerosi lettori ci hanno espresso la loro costernazione per l'articolo di Claudio Mari sul fumo, apparso nel numero di febbraio. Anche il periodico pesarese Pesaro Express, che ha ripreso la storia, parla di “una canea di persone che avrebbero voluto sbranarlo”, a stento trattenute dal direttore Franco Sciocchetti che tentava di ricondurli alla ragione. L'articolo incriminato – “La protesta di un farmacista: i danni di Sirchia” – elencava indirettamente le principali malattie dei fumatori: dall'enfisema all'infarto, dall'impotenza sessuale ai tumori. Il fatto che un articolo così ferocemente anti-fumo sia stato interpretato come un attacco alla legge Sirchia, dimostra quanto sia difficile utilizzare l'arma del paradosso. In questo caso forse ha giocato un ruolo anche l'immagine dell'autore (un personaggio estroso e sempre contro-tendenza), inducendo tanta gente a prendere sul serio il suo pezzo; nonostante che nelle righe finali si augurasse addirittura un aumento degli incidenti stradali e dell'inquinamento per recuperare una parte del fatturato. La storia del giornalismo è piena di questi casi che hanno fatto passare dei brutti momenti ai direttori. Vorrei ricordare due episodi che mi raccontò tanti anni fa lo scrittore e vignettista Giovanni Mosca. Nel primo dopoguerra la voglia di epurazione di tutto quanto era stato fascista coinvolse anche la figura (o meglio la memoria) di Guglielmo Marconi che era stato un pupillo del regime. In quel periodo Mosca scrisse un articolo per il Corriere della Sera, di piena solidarietà con i detrattori di Marconi. Anzi, visto che aveva inventato la radio, propose di ricercare i naufraghi salvati grazie ai messaggi lanciati nell'etere, e di ributtarli in acqua nel punto in cui erano stati soccorsi. Il Corriere ricevette decine di lettere in difesa di quei poveretti, minacciati senza colpa di una così crudele ritorsione. In anni più recenti, dopo la morte di tre carabinieri in un conflitto a fuoco, Mosca pubblicò un'amara vignetta in cui due signori commentavano l'avvenimento, più o meno con queste parole: “Quando c'è un fatto di sangue, ci sono sempre di mezzo i meridionali: anche questi tre erano di Reggio Calabria, Caltanissetta e Catanzaro”. Il povero Mosca, una specie di De Amicis moderno, e un “uomo d'ordine” che più d'ordine di così non si poteva, scatenò l'ira dei lettori del Sud e fu anche denunciato da un colonnello dei carabinieri per oltraggio all'Arma. Luigi Einaudi, che non era propriamente un fine umorista, scrisse una volta: “Amante del paradosso è colui il quale ricerca e scopre la verità esponendola in modo da irritare l'opinione comune, costringendola a riflettere e a vergognarsi di se stessa e della supina inconsapevole accettazione di errori volgari”.
A.A.
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