Quando lavorare stanca
Sono contrario allo sbandieramento della disoccupazione in Italia, come problema sociale dalle tinte drammatiche. Qualcuno dovrebbe precisare che cosa si intende esattamente per disoccupazione: è relativa solo alle attività intellettuali? Se per occupazione si intende un lavoro adeguato al titolo di studio, vicino a casa, ben retribuito da subito, allora la disoccupazione è solo una statistica e non un dramma sociale.
Ho ascoltato con tristezza alla televisione, qualche tempo fa, l'intervista ad alcuni giovani di un paese del Sud sul tema "andreste a lavorare nel Nord-Est". La risposta era che, a conti fatti, rimanevano solo i soldi per mangiare e tanto valeva restare a casa. Quando, molti anni fa, sono partito da Pesaro per lavorare (con una laurea di ingegneria in tasca) non avevo messo neppure in conto di poter restare a casa. Ho preso servizio in una città che, fino al giorno prima, era solo un cerchietto nella carta stradale. Lo stipendio serviva per alloggiare (modestamente), per mangiare (in casa) e mi sentivo un signore perché non dovevo niente a nessuno, né rendere conto dei pochi spiccioli che mi restavano in tasca. Per due terzi dell'umanità sarebbe toccare il cielo con un dito.
Secondo esempio: il programmatore elettronico che ho assunto dieci anni fa, fino a pochi giorni prima scaricava le cassette ai mercati vicino a casa, alle cinque del mattino. Oggi, evidentemente, le condizioni economiche sono totalmente cambiate: però credo che non si possa parlare seriamente di disoccupazione finché esiste una sola finestra da lavare in Europa, e questa la lava un albanese.
Bastian Contrario
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