In uno splendido (finalmente!) pomeriggio di fine maggio ha fatto il suo ingresso a Pesaro il nuovo arcivescovo metropolita, mons. Piero Coccia, che era stato nominato il 28 febbraio scorso. Al momento dell'annuncio, lo avevamo definito “il vescovo-parroco” perché questa era stata la sua funzione ad Ascoli Piceno a partire dal 1978, dopo l'ordinazione sacerdotale nel 1972. E in effetti il suo ingresso è stato degno di Don Camillo, anche se quei tempi sono cambiati: col sindaco di Ascoli (Forza Italia) che lo ha scortato fin qui; il sindaco di Pesaro (DS) che lo ha accolto in Piazza del Popolo con un caloroso indirizzo di benvenuto; il presidente della Provincia (DS) in prima fila con la fascia blu d'ordinanza; lo striscione da stadio, pieno di nostalgia, spiegato davanti alla Cattedrale dai suoi parrocchiani del quartiere ascolano di Monticelli: “Grazie di tutto. I don Piero's boys”. Mons. Coccia è arrivato col passo atletico di un giovanotto di 58 anni, almeno un metro e ottanta di altezza, occhiali sportivi Rayban, atteggiamento cordiale e sorridente verso il parterre delle autorità, le tuniche bianche rossocrociate dei “Cavalieri del Santo Sepolcro” (fra cui l'ex assessore comunale Solomita) e la folla assiepata di cittadini che hanno già cominciato a invocarlo come “Piero! Piero!”. Solo durante la messa pontificale nel Duomo ha tradito un po' di nervosismo, aggiustandosi frequentemente sulla testa lo zucchetto violaceo; ma nelle ultime parole del suo discorso di insediamento (alla presenza dei vescovi di Fano, Urbino e Ascoli, i rappresentanti del clero diocesano, le autorità civili e militari e una straboccante folla di fedeli plaudenti) ha avuto un dolcissimo momento di commozione che gli ha spezzato la voce, mentre affidava alla protezione della Beata Vergine delle Grazie, di Sant'Emidio e di San Terenzio il suo ministero in terra pesarese. Se queste sono le premesse, sarà un vescovo molto amato dalla gente.
A.A.
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