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“James "Scoonie" Penn: è lui il leader della nuova Scavolini di Crespi.
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Più che una squadra, è ancora un cantiere aperto, col suo bravo cartello “lavori in corso”. E' la Scavolini 2005 seconda edizione, quella targata Marco Crespi, dopo la discussa conclusione della gestione Melillo. Tutto normale, ovviamente. Perché, quando ad una formazione di basket cambi l'asse play-pivot a metà stagione, non puoi pretendere che in quattro e quattr'otto si ritrovi sul parquet un gruppo con l'amalgama e l'affiatamento tecnico necessari a dare il massimo. Lodevoli comunque gli sforzi della Società per rendere più competitivo il team con innesti azzeccati (menzione speciale per un Archibald sul quale alzi la mano chi avrebbe scommesso un centesimo). E altrettanto lodevole si dimostra il lavoro del nuovo coach, nonostante troppe volte, specie in Eurolega, sia mancato alla Scavolini il classico soldo per fare una lira: leggi partite “quasi-vinte” a iosa, pur ben giocate anche su campi proibitivi come quelli del Barcellona, Zalgiris e Real Madrid, ma mai chiuse coi due punti in saccoccia. Mancanza evidente di quel “killer-instinct” che solo col tempo e col lavoro assieme si riesce ad ottenere. Però il traguardo prestigioso delle “Top 16” europee è stato felicemente raggiunto e le cose cominciano ad andare per il verso giusto anche in campionato, dove si è vinto, al foto-finish e con merito, su campi ostici come Cantù e Reggio Emilia. Risultanze positive che stanno a testimoniare che la strada scelta da Crespi per acquisire una nuova, vincente personalità di squadra è sicuramente quella buona. Avanti così. Quali i pregi e i difetti principali di questa Scavolini-bis? Fra i primi, sicuramente, il buon livello di talento individuale di molti dei protagonisti. “Scoonie” Penn (colossale “papera” di Madrid a parte) è uno dei migliori play-makers del basket europeo, come le recenti buone prestazioni di gioco della Scavolini stanno dimostrando. Fortissimo sui raddoppi, che quasi sempre affronta buttandosi dentro nel traffico con micidiale efficacia, sa essere pungente in entrata e pericoloso anche dalla lunga. E Mottola, pur discontinuo nel rendimento, è attaccante di indiscutibile valore, così come la “sicurezza” Charlie Smith; mentre di Archibald si può parlare come della più bella sorpresa dell'anno, una “presenza” sotto le tabelle che autorizza, in prospettiva, a pensare in grande. Milic completa degnamente lo starting five con la sua dirompente fisicità; e dietro c'è un Lavor Postell che, come si dice, mangia e fa molliche, ma che sa dare sempre un solido contributo anche al di là delle nude risultanze in cifre. Squadra dunque di buone potenzialità globali in prospettiva, che dà il meglio di sé quando gioca con buona circolazione e con rapida inversione della palla per creare spazi ai suoi cecchini dalla lunga, ma che riesce anche a lavorare bene inside specie quando Archibald arriva a trovarsi in posizione “profonda” sotto l'anello. E adesso i difetti. Che sono comunque altrettanti, a cominciare dall'incredibile discontinuità di rendimento e di concentrazione di questa Scavolini schizofrenica, capace sempre di stupire nel bene e nel male. E qui entra in gioco il discorso dell' “anima” del gruppo ancora da costruire, concetto sul quale coach Crespi non si stanca di mettere l'accento. Dare tempo al tempo è l'imperativo categorico. Con la buona pace di eterni scontenti, contestatori e menagramo. Difetti tecnici? Soprattutto nella difesa, che manca di fisicità in Mottola e di esperienza in Archibald (fa fallo anche quando sale in pullman) e che scopre troppo spesso il fianco al contropiede avversario quando Penn va dentro in percussione. Rientri più rapidi e un più diligente controllo dei rimbalzi (a troppi biancorossi ci vuole la forchetta per prender palla, come direbbe Dan Peterson!) si impongono, per non fare di ogni partita una dannata tela di Penelope. Come tante volte, purtroppo, è successo finora.
Alberto Pisani
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