L'80% degli italiani non ha mai donato il sangue
L'annuale Assemblea dell'AVIS che si è tenuta a Stresa dal 17 al 20 maggio, ha riportato alla luce, se mai ce ne fosse stato bisogno, l'enorme quantità di sangue necessaria per raggiungere l'autosufficienza (350 mila unità di cui 40 mila solo a Roma). Il 2000 ha confermato l'andamento già evidenziato nel 1999 che, per quanto riguarda le sacche di sangue, si caratterizza per uno squilibrio tra la capacità di produzione ed i consumi reali e una complessiva stasi del sistema. Questo fenomeno è dovuto in particolare all'aumento dei consumi interni che si registrano in tutte le regioni, con particolare riferimento a quelle del Centro-Nord che hanno già avviato programmi assistenziali più complessi sul piano organizzativo, quali i trapianti e le terapie oncologiche intensive. Infatti, sempre più si fa ricorso consistente alla donazione occasionale ed alla mobilità dei donatori, in alcuni casi interregionale, come è capitato anche ad alcuni pazienti della nostra provincia: “Se vuoi farti operare, porta alcuni donatori!”. E' vero i dati donazionali della nostra provincia sono in costante crescita ma purtroppo questo non basta. Occorre pensare alla continua richiesta di sangue e piastrine da parte del Centro di Ematologia e a quanti si ricoverano all'Ospedale “Lancisi” di Ancona per interventi cardiochirurgici. Ora che sta per arrivare l'estate, con l'aumento di turisti e con i donatori e i dipendenti dei centri trasfusionali che vanno in ferie, rischiamo di rimanere senza sangue. In questa opera di sensibilizzazione AVIS sta impegnando notevoli risorse fisiche ed economiche perché i dati sono allarmanti: l'80 % della popolazione italiana non ha mai donato sangue; il 29 % non sa neppure della continua carenza di sangue nei nostri ospedali; il 70 % del plasma per la lavorazione industriale, per ricavare emoderivati, proviene dall'estero. Ma questo può definirsi un Paese civile, dove non viene nemmeno garantito il diritto alla salute? Perché il sangue a disposizione degli ospedali è sempre meno di quello che serve agli ammalati: che quando ne restano privi corrono gravi rischi compreso quello di morire. Con quattro donazioni all'anno si salvano dieci-dodici vite umane. Purtroppo ognuno è convinto, per di più in buona fede, che non sia così importante, che se non lo fa lui lo farà di sicuro qualche altro. Di sicuro invece, c'è solo che qualcuno aveva bisogno di sangue e non lo riceverà in tempo. Donare è facile e non ha alcuna controindicazione, anzi fa bene anche alla propria salute perché i donatori beneficiano di un check-up gratuito. Lo scorso anno nella zona di Urbino abbiamo salvato, attraverso gli scrupolosi esami richiesti, sette vite umane, in quanto abbiamo diagnosticato in tempo il sorgere di principi tumorali. Sette persone, che ora vivono tranquillamente in quelle famiglie, ignoravano la tragedia che avrebbe potuto colpirle. Tempo fa a Serravalle di Carda (Apecchio) un interlocutore mi ha detto. “Ora so chi devo ringraziare per la vita di mio fratello!”. Educare, progettare, organizzare la solidarietà rappresentano gli obiettivi per costruire una nuova società nella quale possano convivere le differenze e possano aprirsi nuovi orizzonti di sviluppo sociale. Così la solidarietà perde il tradizionale carattere “caritatevole”, pietistico e consolatorio” per diventare un momento di partecipazione attiva del cittadino, che ha il diritto-dovere di realizzare una migliore qualità della vita, di ottenere un sempre più adeguato stato di salute, inteso dalla dichiarazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità come “condizione di benessere fisico, psichico e sociale”. E' attraverso questa chiave di lettura che AVIS si impegna nella divulgazione del valore del sangue difendendo il principio che attraverso l'atto si promuove la solidarietà e si tutela il diritto alla salute. Già la scorsa estate, celebrando il “Giubileo del Donatore” all'Eremo di Carpegna, avevamo lanciato lo slogan creato da una giovane talassemica “AVIS DONA LA SPERANZA”, che suscita in noi uno stimolo costante a non fermarci, ad insistere ogni giorno di più, a compiere meglio un dovere morale assunto nei confronti di chi ha più bisogno di noi. La nostra battaglia quotidiana in favore della vita non può essere persa perché non può prevalere la cultura della morte e soprattutto del fatalismo. Quando negli ospedali si gioca la vita, la risposta è univoca, la voce del sangue, la voce dell'amore e del sentimento di solidarietà verso il più debole diventa imperativo categorico, e dunque, morale. Risale al 23 marzo scorso la lettera indirizzata al Presidente della Repubblica e ai Presidenti della Camera e del Senato per renderli consapevoli dello stato del Trasfusionale Italiano: mancato raggiungimento dell'autosufficienza per sangue e plasma, mancata approvazione della riforma della legge 107/90, sicurezza ancora legata alla necessità di norme chiare per tutti. Ci auguriamo che l'approvazione della legge sia una delle priorità del nuovo governo, considerato l'impegno scritto assunto dal senatore Tomassini, responsabile per il Polo delle Libertà, nella sede dell'AVIS il 7 maggio scorso; che in futuro deputati e senatori siano maggiormente consapevoli delle necessità del nostro Paese in ambito sanitario. Un particolare appello vogliamo rivolgere ai giovani, perché viviamo in un Paese dove la popolazione sta progressivamente invecchiando e se non ci saranno nuove entrate nel circuito donazionale, in pochi anni potremmo trovarci ad affrontare una situazione di carenza non più sanabile. Ed allora ecco perché abbiamo promosso incontri nelle scuole ad ogni livello di ordine e grado. Soprattutto abbiamo voluto essere presenti nel mondo dello sport, dal calcio al ciclismo, dalla pallavolo al basket perché ambienti sani, luoghi dove l'abnegazione ed il sacrificio sono veramente sentiti, dove soprattutto si ama la gioia di vivere. Sappiamo che quello etico-formativo non è un problema settoriale, è la sfida della nostra civiltà nell'era della globalizzazione, della rivoluzione tecnologica del rischio dell'omologazione delle coscienze e della tolleranza dell'esclusione. E' la sfida delle nuove generazioni, del loro rapporto con la storia e con le generazioni adulte, della loro capacità di immaginare e costruire il futuro. La formazione dei nostri giovani non può essere schiacciata sulle sole esigenze di mercato. Essa sarà sempre più intensamente esigenza di vita, del percorso della definizione della persona nel mondo tecnologico, dell'umanizzazione delle tecnologie oltre ad essere una nuova chiave dell'accesso al lavoro. Così intendiamo svolgere un ruolo veramente trainante per lo sviluppo dei temi del volontariato e dell'autosufficienza anche a livello europeo ed internazionale, partecipando attivamente con tutte le nostre risorse alla crescita di questo grande movimento civile e sociale che si sta sviluppando nel mondo per garantire a tutti migliori condizioni di vita.
Elmo Santini Presidente provinciale AVIS
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