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Il Centro di Solidarietà

Il Centro di accoglienza gestito dal Centro Italiano di Solidarietà, in convenzione con il Comune di Pesaro, accoglie fino a 60 persone ed è il primo e il più grande della regione. Fondato quasi dieci anni fa, può contare su operatori presenti 24 ore su 24, che cercano di instaurare un rapporto umano con gli ospiti e non solo di controllare. Esiste un regolamento interno che va rispettato, ma che si limita a suggerire quelle che sono le minime regole di convivenza tra un numero così alto di persone, che inoltre provengono da paesi con abitudini e culture differenti. Il Centro offre la possibilità di una grande cucina, di un servizio di lavanderia, di una sala per incontri e svaghi, una sala per la televisione, un campo per giocare a calcio ed un locale dove i musulmani possano pregare.

Strettamente legato al Centro, per le persone ospitate, ma anche per tutte le persone residenti nella zona, esiste da molti anni un Centro Servizi per Immigrati. Il Centro è formato da due uffici che sono diventati un punto di riferimento per gli stranieri che vivono nella zona e per i nuovi arrivati. Segue un'utenza di oltre duemila casi all'anno e coordina tutti gli interventi a favore degli immigrati. In un ufficio opera l'assistente sociale con funzioni di presa a carico di persone minori ed adulte con problemi particolari; con attività di prima accoglienza (come la distribuzione di buoni pasto e gli aiuti economici); con la programmazione degli inserimenti al Centro d'accoglienza; inoltre mantiene i contatti con l'Ufficio Stranieri della Questura. L'altro ufficio, gestito da me e un collega, si occupa di inserimento lavorativo, di progettazione e coordinamento di corsi di formazione professionale, di sostegno per l'insegnamento della lingua italiana e, attraverso avvocati e medici volontari, di aiuto medico e legale gratuito per gli immigrati in difficoltà. Per quanto riguarda l'inserimento lavorativo, il nostro lavoro consiste nel preparare schede dove vengono valutati tutti gli aspetti della persona in cerca di lavoro e cioè dall'età al luogo dove vive, dalle esperienze lavorative agli studi effettuati; e una serie di altri dati che ci permettono di valutare, in base alle offerte di lavoro della nostra banca dati formata da circa 500 aziende contattate nel corso degli anni, l'inserimento lavorativo più adatto per l'interessato. L'ufficio si preoccupa anche di seguire costantemente il personale avviato al lavoro e di mantenere stretti contatti con le ditte al fine di risolvere problemi di tipo burocratico, legale o lavorativo che si possono presentare, risultando così uno strumento efficace sia per i datori di lavoro sia per gli stranieri che lo cercano.

Gli immigrati non hanno alle spalle decenni di rivoluzione industriale, ma hanno una mentalità molto diversa dalla nostra, soprattutto quelli provenienti dalle zone rurali. Non comprendono puntualità, precisione, produttività, sono permalosi e a volte si licenziano, anche se nelle fabbriche esistono, come abbiamo rilevato personalmente, episodi di intolleranza e razzismo. Tornano spesso tardi dalle ferie, cosa comprensibile vista la distanza dai loro paesi d'origine, con il risultato di riempire il nostro ufficio ogni anno a settembre di persone in cerca di lavoro magari per la terza o la quarta volta. Il problema sta nel fatto che non si mettono d'accordo con l'azienda dove lavorano (che di solito è disposta a trovare una soluzione) e comunque non comunicano l'eventuale ritardo. Alcuni pensano che lo stipendio, come al mercato, vada contrattato con il datore di lavoro, essendo fuori dalla loro mentalità il contratto collettivo di categoria. Si ammalano spesso, anche se capita che in realtà stiano benissimo, né si preoccupano di fare o recapitare i documenti medici necessari. D'altra parte esistono datori di lavoro che sfruttano la non conoscenza delle leggi da parte degli immigrati, facendoli lavorare di più, non mettendoli in regola, magari non pagandoli neppure, insomma sfruttandoli (ciò vale soprattutto per i clandestini).

Naturalmente non si può generalizzare, perché i più motivati (soprattutto persone con alta scolarizzazione o persone che hanno bisogno di lavorare per riunirsi alla famiglia) si inseriscono più facilmente e rapidamente. Ma vanno evidenziati anche i molti aspetti positivi che fanno pensare all'immigrazione, se numericamente controllata, come ad un fenomeno globalmente positivo. Alcuni esempi: Malika, ragazza marocchina, molto religiosa, esperta in informatica, è stata inserita nel settore amministrazione di un'azienda di Pesaro, diventando capo-settore insostituibile secondo il titolare della ditta; continua ad andare al lavoro con il chador al quale non rinuncerà mai. Adel, giovane ragazzo egiziano, con il nostro aiuto, ha costituito un'agenzia di traduzioni e di import-export con il suo paese. Carlos, sudamericano, muratore specializzato, ha costituito un'azienda edile che ora sta assumendo anche personale italiano. Martina, medico chirurgo proveniente dai paesi dell'Est ed altamente specializzata, verrà assunta presso un Istituto medico della provincia. Gorny e Dimitri, ingegneri specializzati rispettivamente in aeronautica e meccanica, li abbiamo inseriti già da tempo in aziende metalmeccaniche della provincia. Mohamed è un lavoratore autonomo, fa l'idraulico nella nostra città da tanti anni; è molto ricercato per la sua abilità e i suoi compensi non eccessivi. Queste persone provenienti da diversi Stati sono solo alcuni esempi, che aumenteranno con il passare del tempo, dell'aspetto positivo insito nel processo migratorio che interessa il nostro paese.

Se l'immigrazione all'inizio riguardava essenzialmente gli uomini, ci troviamo oggi di fronte ad un aumento notevole delle donne (che secondo i nostri dati si aggirano ormai intorno al 40% della popolazione immigrata). Ciò è dovuto al grande numero dei ricongiungimenti familiari e all'enorme richiesta di collaboratrici familiari, assistenti per anziani a tempo pieno, settore in cui raramente si trovano italiane disponibili. Va detto che alla lunga, questo tipo di lavoro diventa una sofferenza soprattutto per le ragazze, magari giovani, che hanno orari di lavoro pesanti e che non possono avere momenti di libertà e relazioni sociali ed umane (da qui la ricerca del lavoro nelle fabbriche, che però è difficilmente risolvibile nella nostra zona). Nel settore dei lavori domestici o di assistenza, troviamo soprattutto filippine e peruviane che spesso arrivano in Italia prima della famiglia. Ciò è spiegabile col fatto che per esempio in una società come quella peruviana, la donna non solo gode di grande autonomia sociale e operativa, ma addirittura da secoli svolge un ruolo predominante all'interno della famiglia; situazione agli antipodi rispetto al ruolo svolto dalle donne islamiche, legate ai tradizionali vincoli di sottomissione rispetto agli uomini, padri o mariti che siano. Comunque alla fine un posto di lavoro si trova a tutti, anche se oggettivamente per alcune categorie di persone come gli anziani, le donne e gli operai generici l'obiettivo non è facile.

E' pericoloso e ingiusto fare scelte che selezionano le etnie in base alla loro cultura, ai luoghi comuni o alla religione professata. Parlo di luoghi comuni di chi crede che gli immigrati ci rubino il lavoro o che non potranno integrarsi mai perché sono poligami, mangiano in modo differente, perché le donne portano il velo anche a scuola o al lavoro o perché professano una religione potenzialmente pericolosa. A proposito di religione mi sembra che la nostra Costituzione dichiari la libertà di culto e francamente in tanti anni di lavoro non ho mai visto un arabo venuto qui per islamizzare l'Italia, oltre al fatto che le statistiche indicano che gli immigrati professanti la religione islamica sono solo il 36%.

Ora stiamo attenti, perché se ci basiamo su questo tipo di concetti e di luoghi comuni, un domani non accetteremo più i nigeriani perché troppo neri, cacceremo tutti i marocchini perché non hanno voglia di lavorare e chiuderemo le entrate a tutti gli algerini perché pericolosi terroristi e così via all'infinito. L'immigrazione non si può fermare del tutto chiudendo le frontiere, né selezionare: è un processo inevitabile che va gestito con giustizia, umanità e tolleranza. Inoltre se esistono problemi, del resto inevitabili quando culture diverse devono convivere, vi sono anche dei vantaggi: gli immigrati sono ormai indispensabili per la nostra economia, sono utili per ripopolare un paese sempre più vecchio e poi, dato che non li possiamo considerare solo delle braccia per lavorare o delle macchine per fare figli, ricordiamoci che sono persone come lo siamo noi e che il venire a contatto con popoli, usanze e religioni diverse è una grande possibilità di arricchimento interiore a disposizione di ogni uomo.

Marco Ceccolini


 
 
 
 
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