Le contraddizioni che si riscontrano negli atteggiamenti nei confronti del problema del fumo e delle malattie che procura, sono davvero molte, sono apparentemente incomprensibili e tali da procurare, anche al più ostinato degli oncologi, gravi crisi di sconforto per lo scarso risultato dei suoi sforzi. Gli oncologi di tutto il mondo, me compresa, hanno speso e continuano a spendere tante parole e tante energie per informare sui pericoli del fumo, sui mezzi di prevenzione di cui disponiamo e, in cambio, assistono al dilagare dell'abitudine al fumo. Il diminuire dell'abitudine negli uomini, che l'hanno acquisita per primi, è ampiamente compensata dall'esercito di donne e di adolescenti che sembrano fare a gara per procurarsi difficoltà dolorose nel futuro della loro vita e di quella dei loro cari. Basta entrare in una tabaccheria qualunque, in qualunque momento della giornata per verificare che, per una persona che compra solo il giornale, ci sono almeno tre persone che chiedono uno, o più spesso due o tre pacchetti di sigarette. La cosa che, se non fosse implicitamente tragica, sarebbe davvero ridicola, è che molti si affannano a precisare: "leggére!".
Beh, non è possibile che ci sia ancora qualcuno che non abbia sentito o letto che le sigarette "leggere" sono pericolose quanto le altre, così come è vero che il fumo che i fumatori spandono nelle loro case e nell'ambiente in generale, danneggia gravemente i loro cari e tutta la comunità umana. La realtà è che, da questo orecchio, pochi fumatori hanno voglia di sentire.
Che fare allora? Nonostante che i progressi dei mezzi strumentali di diagnosi precoce e le possibilità offerte dai trattamenti aprano oggi possibilità di guarigione e di cura più ampi che per il passato per quanto riguarda i cancri fumo-correlati, la prevenzione resta in ogni caso l'arma più efficace. I dati epidemiologici sono quelli stranoti: il fumo è responsabile del 90% delle morti per cancro broncopolmonare, e i dati più recenti confermano che in Italia sono trentamila gli uomini e le donne che ogni anno muoiono per cancro del polmone, mentre "l'attesa" per tale cancro, se nessuno fumasse, sarebbe di quattromila morti ogni anno. A tutto ciò si deve aggiungere che vi sono altri cancri fumo-correlati e che al fumo sono inoltre correlati il 75% delle morti per bronchiti croniche, il 25% delle morti per infarto del miocardio, i danni ai bambini durante la gestazione e dopo la nascita, la diminuzione della capacità vitale e molto altro ancora. E di nuovo ci chiediamo: che fare allora?
Innanzi tutto è bene non lasciarsi angosciare sino alla paralisi da questa realtà perché abbiamo tutto il tempo e il modo di intervenire e decidere come vogliamo che vadano le cose. E' poi di importanza fondamentale cercare di capire per quale motivo, nonostante l'evidenza del danno, non si riesce ad abbandonare un'abitudine che dipende esclusivamente dalla nostra autodeterminazione e riconoscere anche la necessità di essere aiutati. Sono molte infatti le iniziative messe a disposizione dalle associazioni mediche, da quelle di volontariato e dagli stessi organi istituzionali governativi, per la prevenzione dei danni da fumo. Facendo una riflessione che scaturisce dalla esperienza in questo campo, un punto mi sembra fondamentale e riguarda tutti coloro che svolgono un ruolo educativo: i medici, gli insegnanti e i genitori in primo luogo. Essi hanno grandi responsabilità e due doveri, che non ammettono sconti:
- non devono fumare perché, esattamente come potrebbe essere capitato a loro durante l'età evolutiva, il maggiore stimolo a contrarre un'abitudine dannosa è lo spirito di emulazione e di identificazione;
- devono favorire e promuovere l'informazione e l'educazione sanitaria tra i giovani.
Nulla in ogni caso sarà efficace e sufficiente, se non si stabilirà la coscienza diffusa di "volere" fare qualcosa per un problema che è un'autentica emergenza sanitaria e che svolge e conclude i suoi cammini dolorosi in un silenzio che parla di impotenza e di rassegnazione, mentre invece esiste una soluzione semplice: non fumare, e quindi, non iniziare a fumare, smettere di fumare, non insegnare a fumare.
Giuseppina Catalano
Primario di Oncologia
Ospedale "San Salvatore"
Un aiuto psicologico
per smettere di fumare
Da quando, nel 1500, l'ambasciatore francese Jean Nicot de Villemain, introdusse per primo il tabacco in Europa, i suoi 'sostenitori' si sono diffusi a macchia d'olio raggiungendo cifre che si stimano oltre il miliardo di fumatori in tutto il mondo. Fumare è un'abitudine che anche in Italia si sta diffondendo come un'epidemia soprattutto tra gli adolescenti, ma è in aumento anche tra la popolazione femminile specialmente, ebbene sì, quella del centro Italia. Come inizia questo sodalizio spesso distruttivo fra l'uomo e la sigaretta? Spesso si comincia a fumare per emulazione, per sentirsi più maturi della propria età, per darsi un tono, per essere più affascinanti. Più volte si sente dire che le prime sigarette hanno procurato mal di testa, nausea, disgusto... ma allora, perché si continua? L'atto di fumare risponde a diverse funzioni: si fuma per abitudine, per piacere, per essere stimolati o viceversa rilassati, per concentrarsi meglio nello studio o sul lavoro, in risposta a bisogni psicologici come la rassicurazione di fronte a tensioni e stress o il riempimento di un vuoto, per mantenere la dipendenza fisica, per restare in linea, per... Insomma la sigaretta può assumere numerosi significati, che cambiano da fumatore a fumatore. Il fumo per alcuni può anche diventare parte integrante dell'immagine di sé: un aspetto che rende senz'altro più difficile un eventuale processo di dismissione.
Per chi diventa consapevole di avere il problema del fumo e decide di dire "stop" alla sigaretta, una delle maggiori difficoltà è rappresentata dal fatto di non riuscire a combatterla da solo, spesso anche a causa di sentimenti ambivalenti (positivi e negativi insieme) verso questa "amica-nemica". Allora perchè non provarci insieme? La Sezione di Pesaro-Urbino della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori offre a chi voglia smettere di fumare un metodo di gruppo, rigoroso e comprovato da ben 15 anni, che ha due scopi: far abbandonare l'abitudine al fumo e proporre un modo più attento di avere cura della propria salute attraverso stili di vita e comportamenti più adeguati. Il metodo impiega tecniche psicologiche mirate a rendere il fumatore più consapevole dei suoi automatismi e del suo atteggiamento nei confronti del fumo e a cambiarli; imparare a tollerare le piccole frustrazioni che spesso portano a fumare per compensare un disagio; cercare dei comportamenti gratificanti e alternativi al fumare che rispondano ai bisogni psicologici di ciascuna persona e che diano rassicurazione e piacere; scoprire nuovi interessi. Non vengono somministrate medicine, graffette o altre sostanze, perché si parte dal presupposto che l'elemento più importante che tiene legato il fumatore alle sigarette non sia tanto la dipendenza fisica quanto quella psicologica. Il lavoro si svolge all'interno di gruppi condotti da uno psicologo e formati da 12-14 persone che si aiutano e si sostengono a vicenda, con 10 incontri nell'arco di 2 mesi circa. L'eventuale inserimento nel gruppo è sempre preceduto dalla compilazione di un questionario informativo e da un colloquio individuale, allo scopo di capire se il metodo offerto dalla Lega sia quello che meglio si adatta alle caratteristiche della singola persona. Le percentuali di successo, alla fine del ciclo di incontri, sono intorno al 65-70%.
Per avere informazioni sui gruppi per la disassuefazione dal fumo chiama ora la Sezione di Pesaro-Urbino della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori al numero 0721 364094 oppure contatta il numero verde gratuito nazionale S.O.S. Fumo 800 998877.
Michela Paolini
Psicologa
Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori,
Sezione di Pesaro-Urbino