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La gioiosa naturalezza
di Paola Ranocchi


Se fosse vissuta alla fine dell'800, Paola Ranocchi avrebbe sicuramente aderito alla “Société des Irregularistes” i cui componenti s'impegnavano di seguire il principio estetico della irregolarità, tenendo conto di quanto la Natura avesse in orrore la regolarità: le opere della Natura sono tutte e sempre variate all'infinito, acquistando fascino e squisita fantasia proprio da questa diversità. Lei è “un'irregolarista” connaturata, ma senza sfoggi chiassosi di esibizioni, con gioiosa naturalezza, sfiorando le piccole e piccolissime cose con mano leggera, con silenziosa immedesimazione, con musicale fluidità, con la surreale dilata-zione di un pensiero affettuoso, intimo e innocente. Le diversità, le irregolarità insite nella natura stessa, ritrovano un'armoniosa unità che è tutta e solo sua, una personale evoluzione nei vasti e inesplorabili territori della fantasia che è dome-stica ed universale insieme.
Paola Ranocchi è una pittrice pesarese specialissima. Diplomata alla Scuola del Libro di Urbino, espone dal 1962: è una colonna portante del “Gruppo 7” che da 40 anni, a ritmo biennale, scandisce a Pesaro il gusto di fare pittura. Parlando di lei ci si trova di fronte ad una totale assenza di notizie biografiche: la sua vita, dopo anni di insegnamento, è ormai totalmente dedicata alla pittura, scorrendo silente nell'universo colorato del suo giardino, fra le stanze della sua grande ca-sa o lungo i viali del mare, senza ansie esibitorie, senza passioni travolgenti, as-saporando intimamente il gusto della bellezza, della serenità e quella tendenza-vocazione alla presentazione viva, piena, coloratissima delle immagini elaborate ad ogni sguardo, ad ogni passo, ad ogni mutar di luce e che Paola traspone sulle tele con rapidi, fitti e ravvicinati colpi di una piccola spatola (la pittrice non a-dopera pennelli) che offrono alla materia pittorica una spumosità, un fremito, una purezza di timbro che non smarrisce però mai l'unità di tono. Ogni bambina che ricorda quelle di Mary Casset, ogni oggetto  (un paio di scarpe, una poltro-na, i colori, i fogli sparsi qua e là ), ogni angolo del suo giardino, ogni visione di mare con gli orizzonti di ingannevole semplicità, alla Courbet: tutti si dilatano in una vibrazione di sensibilità, come una modulazione armonica su note avvolgen-ti, diventando moti dell'animo, e tutto viene spiritualizzato dal suo umanissimo sentire.
Paola Ranocchi è forse l'unica artista al mondo che ha fatto scendere la Mamma di Gesù, e Gesù Bambino stesso, da tutte le pale sontuose e gloriose della Storia dell'Arte, per portarli al sole, in una panchina pesarese in riva al mare, “perché Gesù possa finalmente respirare aria ricca di iodio e di salsedine” dopo millenni di ombrose cattedrali, di incensi e di musei: niente angeli e santi e martiri attor-no a loro, vele bianche invece, al largo, sospinte da un vento leggero, lo stesso che gonfia appena appena, come aureola, il velo trasparente di lei, felice di que-sta avventura marina. Il cromatismo è lieve ma affettuoso e incisivo, la luce di-laga, le forme hanno un ritmo meravigliosamente morbido e se in uno slancio di surreale partecipazione pensassimo di essere anche noi vicino alla panchina dei prodigi, sentiremmo forse le loro voci, dolci, le loro piccole parole, i respiri e i divini balbettii. Niente temporali, niente lampi, nessuna nube minacciosa negli splendidi quadri di Paola Ranocchi; a volte solo una leggera foschia, ialina che smussa angoli, che sfuma colori che allontana dolcemente un dato reale. Il giar-dino, fonte di ogni delizia e origine di ogni sogno, canta: effetti di luce ondeg-giano attraverso il fogliame, i cespugli si infiammano di primavera, i fiori per-dono la loro individualità per assieparsi in ogni aiuola: gli alberi seguono docili il vento. Aboliti i confini, il giardino si dilunga fino alla spiaggia dove una seg-giolina aspetta che qualcuno arrivi per godersi lo spettacolo del mare.
Non so quanti anni abbia Paola Ranocchi: sei o sessanta, non importa. So che ha l'età della fantasia, della creatività, della sincerità, della innocenza autentica, della padronanza assoluta della materia pittorica, della lirica purezza, della liber-tà dall'assillo critico, della vaporosità dei sogni e della sensibilità generosa e sorridente. Il suo sorriso non può avere età: rivolto sempre a tutti, è disarmante, avvolgente e intenso come i suoi quadri.

 Ivana Baldassarri

 


 
 
 
 
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