Se le associazioni dei consumatori non avessero prospettiva politica, potrebbero essere delle vere e proprie lobbies; capaci di condizionare il mercato, i bisogni della gente, le possibilità di consumo. Ragionando alla vecchia maniera, così come hanno fatto sindacati e organizzazioni di categoria forti, si finirebbe per essere di sostegno a tutta una letteratura e cultura ubriaca di falsi miti e di disperate ed irrealizzabili speranze. Gli episodi frequenti di vita virtuale, gli obiettivi dal sapore infantile-adolescenziale sconfinanti poi nella credulità popolana, la rappresentazione incolpevole di personaggi in cerca d'autore, sono infatti, la prova e la controprova del nostro malessere sociale. E' ormai luogo comune o come si dice "vien da sé"' che per realizzarci si ha bisogno di momenti di forte consumo. Il consumo dalle grandi emozioni, il viaggio nel posto più sperduto del mondo, la passeggiata solitaria nel deserto, l'investimento balordo on-line, il potere dell'ubiquità "telefoninando", la corsa al tempo per fare sempre di più, le libertà illimitate di consumo, possono farci sentire finalmente "indipendenti e realizzati".
Ma se andiamo a vedere bene ci accorgiamo che non è proprio così. Si è pur sempre vittime di schemi, di conformismo comportamentale, cucitoci addosso, sulla pelle, per indicarci le scelte di consumo. Un fardello stranamente sbilanciante, che ci rende disumanamente operativi, per ottenere la smorta sensazione di essere come gli altri, al centro del mondo. Un mondo così complesso come il nostro purtroppo è facilmente spietato. Convince con amabilità le casalinghe a proporre il proprio corpo nei calendari, promettendo denaro e successo, organizza le famiglie politicamente con accenti rivendicativi implosivi e conflittuali, dice ai giovani di sposare ogni esperienza anche se amorale ed illecita, per crescere, non insegna più la storia per capire, costruisce con lucida follia persone fragili e deboli beffandosi della forza d'animo e del temperamento, ormai modelli antiquati e desueti di un passato rurale ed involuto.
Ma sarà vero che più consumiamo e meglio viviamo? E' vero che abbiamo bisogno di sapere sempre di più, di approfondire ed analizzare le cose, di affrontare i problemi a trecentosessanta gradi, di essere competenti e professionali, di idee di lungo respiro, per non rischiare di divenire noi stessi beni di largo consumo. Il disimpegno, le lotterie, le visioni schematiche, i facili guadagni, le insofferenze, l'intolleranza, il qualunquismo, le assurde pianificazioni di vita, sono il frutto della sottocultura consumistica. Non credo che ci si possa sentire "indipendenti e realizzati" per non aver usato l'intelligenza e il buon senso e per aver fatto la fine del topo che per troppo rosicchiare è rimasto inesorabilmente intrappolato.
Stefano De Bellis