C'era una volta… lo spazzino, la donna di servizio, il bidello, l'ausiliario ospe-daliero, ma in seguito questi appellativi sono sembrati poco dignitosi e allora il primo è stato promosso a “netturbino” e poi ad “operatore ecologico”; la secon-da a “collaboratrice familiare” o più semplicemente “colf”; il terzo a “collabora-tore scolastico” e il quarto a “operatore tecnico addetto all'assistenza” e poi a “operatore socio sanitario”. Con tali altisonanti titoli credo che questi lavoratori si siano sentiti gratificati e considerati di un livello superiore. Addirittura recen-temente ho letto che il nostro capo dello Stato ha conferito 58 onorificenze dell'Ordine della Repubblica ad artisti, scrittori, imprenditori ed anche ad una badante definita “collaboratrice di assistenza familiare”: non discuto il merito, ma la perifrasi! C'era una volta… ma molto tempo fa, tant'è vero che ne parla anche il Vangelo, il paralitico che poi è diventato “paralizzato”, nel senso che è incapace di muo-versi ed è quindi costretto – come il sottoscritto – a vivere in carrozzina. Poi ci hanno chiamato “invalidi” e in seguito, col dilagare degli inglesismi, “handicap-pati”, quindi “portatori di handicap”… e le promozioni sono continuate con “te-traplegici”, “motulesi”, “disabili” per finire, almeno per ora, con “diversamente abili”: acrobazia verbale per dire che siamo capaci a camminare in maniera di-versa? Cioè come? Ma la cosa per noi più fastidiosa è che con tutti questi appellativi non ci sentia-mo per nulla gratificati né tanto meno maggiormente considerati: basti dire che nelle nostre abitazioni, e soprattutto nei luoghi pubblici, siamo visti come qual-cosa d'ingombrante con le nostre carrozzine e se vogliamo qualche volta uscire tra la gente “normale”, sono molte le persone che ci guardano con una curiosità morbosa o gli amici “di una volta” che cambiano strada o fingono di non ricono-scerci, “perché – si scusano – ci troviamo imbarazzati e non sapremmo cosa di-re”. Non parliamo poi delle famose barriere architettoniche, che una legge di 25 anni fa impone di eliminare e che invece incontriamo ad ogni piè sospinto, im-pedendoci di proseguire in un marciapiede o di entrare in un locale. Con tutto questo voglio dire che non desideriamo titoli prestigiosi e nemmeno vogliamo essere compatiti, ma gradiremmo solo, pur essendo rimasti indietro, che la società offrisse anche a noi le opportunità per vincere la gara della vita.
Luigi Lodovici
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