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  *

Girolamo Sirchia:
I roghi dei fumatori


I roghi di Torquesirchia sono stati accesi e dilagano per il Continente; all'imbrunire arrossano l'orizzonte e l'acre e disgustoso odore di carni (umane) bruciate staziona greve nelle piazze e nelle vie di quello che fu il Giardino d'Europa. E' pur vero, l'acuto inquisitore argomenta, che bruciare un fumatore inquina; ma i nostri esperti del Ministero della Obbligatoria Salute Pubblica, hanno calcolato che il bilancio in termini di emissione di idrocarburi aromatici (benzene e altri) e PM 10 è abbondantemente positivo se il fumatore ha un'età inferiore ai 75 anni. Risultati particolarmente soddisfacenti sono invece previsti nell'incenerimento di soggetti della fascia di età adolescenziale-giovane (dai 16 ai 32 anni). Per questo motivo il Governo Democratico Permanente Italiano ha proposto all'Assemblea Panoccidentale dell'Ecumene Sanitario che ai soggetti fumatori di età superiore ai 75 anni sia solo tagliata la mano destra mentre al contempo sia debitamente intensificata la individuazione di tutti i cittadini italiani fumatori al di sotto della fascia d'età dei 32 anni...
La Santa Inquisizione spagnola, per mano di Pedro Diego de Landa nel 1562,  mandò al rogo nello Yucatan otto secoli di letteratura e storia Maya. Nel contempo metteva al bando, come provenienti dall'inferno delle Americhe, i fuochi del cioccolato, i fumi del tabacco e l'uso della streghesca farmacopea india. Nel 1953, nell'America maccartista, Robert Sheckley pubblicava “Watchbird” (in Italia tradotto nel 1954 per Urania, con il titolo di “Uccelli da guardia”) dove onnipresenti e iperprotettivi robot volanti e zelanti perseguitavano bevitori di birra, fumatori, mangiatori di salsicce, di bacon e di cancerogene bistecche alla griglia, al solo scopo di perseguire il benessere dell'uomo: costringendoli a ingurgitare unicamente acqua di sorgente e pappette algali sterilizzate fino a morirne. Ma si sa, la fantascienza ha sempre disegnato scenari futuri e mondi ­ non sempre ­ improbabili: Orwell docet.
Non voglio difendere i fumatori aggressivi e arroganti ma neanche i non-fumatori pure aggressivi, arroganti e intransigenti; vorrei difendere quel po' di civiltà e convivenza che ci resta in un Paese come l'Italia considerato un tempo libertario e tollerante. Settembre del 2004, in una sala da pranzo di Copàn Ruinas, in Honduras, su nella cordigliera centromericana, a un passo dal Guatemala, con autisti di camion che viaggiano con fucili a pompa e vigilantes in abito civile che nella piazzetta del paese stazionano discreti con sulle spalle poco rassicuranti simil Kalashnikov. L'albergo ha un suo tono coloniale moderno con archi e delicati intonaci lilla, il paese sorge a fianco delle straordinarie rovine inca di Copàn. La sala è fresca e addobbata con cascate di rutilanti sterlizie rosso e oro, un tripudio di fiore tropicale, come la piccola chiesa della piazza d'altronde, che ha le stesse pareti e lo stesso sapore di incontro tra due civiltà che sono state in forte conflitto. In chiesa vicino a un grande mazzo di sterlizie una scritta a mano su telo bianco: "Señor no dejes que me pierda", nella sala da pranzo c'è un mazzo gemello e a fianco un cartello: "convivencia en armonia -­ Areas disponibles para fumar y no fumar".  Non penso che le due scritte necessitino traduzione. E' troppo chiedere a Torquesirchia cenni di civiltà e convivenza? Forse sì, d'altra parte Torquemada non li ha mai dati. E se un non fumatore accende un caminetto fumoso o si fa una bistecca alla brace con tanto di quel benzopirene, cosa fare? Ma torturatelo, è ovvio!

Massimo Pandolfi


I danni di Sirchia

Altro che i tabaccai, sono i farmacisti che devono protestare! Se, con l'entrata in vigore della legge Sirchia contro il fumo, i tabaccai sono entrati in agitazione per una riduzione delle vendite del 23%, siamo noi farmacisti i più penalizzati economicamente dalla riduzione dell'abitudine al fumo di tabacco da parte degli italiani.
Cominciamo dall'apparato cardiocircolatorio. Il fumo, al pari di pressione e colesterolo alti, è un fattore di rischio per l'arteriosclerosi: cioè, principalmente, angina, infarto, ictus e claudicazio. Ridurre il fumo significa una drammatica riduzione di vendite di antiaggreganti, anticoagulanti, vasodilatatori, nitroderivati, calcioantagonisti, betabloccanti e via di questo passo. Già questo determinerà un calo di fatturato ben maggiore di quello dei tabaccai.
Continuiamo con quello respiratorio: qui la bronchite cronica e l'enfisema sono la naturale evoluzione dell'abitudine al fumo. Per noi significa la vendita di tante caramelle e sciroppi per la tosse, mucolitici per via inalatoria, i fitoterapici più disparati e più remunerativi (per noi), un po' di omeopatia “che tanto non fa male”, e tanti farmaci regolarmente prescrivibili: antibiotici, broncodilatatori, cortisonici e ossigeno, quando siamo alla frutta. Se tutto ciò verrà a meno, la conseguenza si manifesterà non solo sul fatturato ma anche sulle centinaia di farmacisti licenziati in tutt'Italia.
Cito appena il cancro al polmone, come tutti gli altri tumori facilitati dal fumo, perché in realtà ci rende poco, trattandosi prevalentemente di lunghe terapie ospedaliere. Anche qui, comunque, meno fumo, meno tumori… Last, but not the least, ci sono i disturbi dell'erezione per curare i quali necessita il prezioso e costoso Viagra che, non essendo mutuabile, significa tanti soldi e subito. Tutto questo “bengodi” ora rischia di essere pesantemente compromesso da Sirchia e dalla sua legge dichiaratamente anti-tabaccai, ma subdolamente ancor più anti-farmacisti.
Per fortuna c'è il ministro Lunardi che, con nuove strade e velocità ai 150 all'ora, stimolerà gli italiani ad usare sempre più l'automobile: fra sedentarietà, incidenti e inquinamento riusciremo a rifarci, almeno un po'.

Claudio Mari

Smettere di fumare è facile: l'ho fatto centinaia di volte

Questa acuta considerazione è opera dell'umorista americano Mark Twain che, nonostante il vizio del fumo, morì nel 1910 a settantacinque anni: non male per quei tempi. Fra le sue brucianti battute merita di essere ricordato un suo telegramma di rettifica all'agenzia Associated Press, che aveva annunciato prematuramente la sua scomparsa: "La notizia relativa alla mia morte è notevolmente esagerata".

Comunque la sua frase è probabilmente uno dei primi lamenti su questo tema: quando ancora smettere di fumare era una scelta individuale e non un obbligo sociale (o legale), dopo la campagne terroristiche sul fumo passivo. Salvo scoprire nel 2035 che il fumo fa bene, come dice Woody Allen. Che è anche autore di questa filosofica riflessione: "Ho smesso di fumare, vivrò una settimana di più: e quella settimana pioverà a dirotto". D'altra parte tutte le statistiche giocano a sfavore dei fumatori, costantemente minacciati da numerelli infausti nelle cause di morte. Ma Twain ci soccorre con un'altra annotazione, che attribuiva allo statista inglese Benjamin Disraeli: "Esistono bugie, grosse bugie e statistiche". Come dimostra l'esempio di quel sociologo che, avendo scoperto una correlazione fra il consumo di dentifricio e l'acquisto di occhiali in un certo Paese in via di sviluppo, ne dedusse logicamente che lavarsi i denti fa male alla vista.

Non mancano nella letteratura voci di incondizionato apprezzamento per il fumo, forse anche perché una volta la gente moriva spontaneamente prima di poter entrare nelle statistiche sul tema. Oscar Wilde, per esempio, diceva che "La sigaretta è il tipo di piacere perfetto: è squisita e lascia insoddisfatti". Ma prima di lui aveva detto Molière nel Don Giovanni: "Non c'è niente di paragonabile al tabacco: è la passione degli uomini dabbene. Chi vive senza tabacco non è degno di vivere". Per non parlare di Churchill che respirava più sigari che aria e che morì a novantun anni.

Come si vede, anche su questo tema esistono per fortuna grandi differenze di pareri. Ma, come disse ancora Mark Twain, "La differenza di opinioni è quello che rende possibili le corse dei cavalli".

A.A.

An s'fómma pió

È scapeda na legg nova
ch'certament la gent aprova:
tutti jè d'acord senz'atre
che ‘nti bar e ti teatre
in tj ufic e i ristorant
dop d'un pranz un po' bundant
an s'pò cenda cla bnedetta
suspireda sigaretta.
Fra tant legg che pegg d'acsé
an s'pudeva propi fè
questa m'senbra molt inzcheda,
anzi, dcemm, guesi invucheda,
prò ‘n me piec che i fumador
cum s'i fussa un grupp d'untor
i t'vèn chius drenta dó port
guesi cum t'na casafort:
manca sol che ma i pulpacc
j s'atacca un canpanacc
cum i feva ma i lebros.
Pó me pèr un fatt curios
e m'fa rida nun sò quant
ch'el gestor d'un ristorant
cum se ‘l fussa un puliziott
via ‘l te caccia un senpliciott
d'aventor ch's'azarda a metta
fora sol na sigaretta.
Senbra ch'i te porta in gir:
quisturen o camerir?

Marcello  Martinelli

 


 
 
 
 
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