Il relativismo linguistico che da tempo impazza – ognuno scrive come sa e vuole – non lesina insospettabili sorprese da “fanta-italiano”. E non solo nel linguaggio informale. In una lettera pubblicata da La Stampa di qualche tempo fa si leggeva testualmente: “Se penso poi allo zelo con cui i Berlusconi e i Blair si sono posti al servizio di Bush, tradendo fra l'altro la causa europea, trovo un parallelo con le prestazioni esigite dai sottoposti nel Medioevo”! Il fatto è che esigito è voce inesistente nella nostra lingua. Il participio passato di esigere è esatto, ma si usa solo se riferito a denaro (la somma puntualmente esatta, cioè riscossa). In altro senso (richiedere, imporre, volere, domandare, pretendere) si ricorre al participio di uno di questi verbi. Sicché nella frase citata sarebbe stato corretto dire: “… le prestazioni pretese dai sottoposti nel Medioevo”.
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Dalla stampa alla televisione.
“Il papa sta benedendo la folla”. Chi, come il sottoscritto, avesse seguìto una telecronaca andata in onda nel giugno scorso avrà potuto cogliere questa inusitata forma di gerundio nel discorso del cronista. In realtà i composti di dire (benedire, maledire, contraddire, disdire, predire, ridire) si adeguano alla coniugazione del verbo semplice. Diremo quindi: benedicevo, benedissi ecc. e, naturalmente, benedicendo! Poche le eccezioni: la 2^ persona dell'imperativo presente, che esce in “dici”, tranne che per “ridire” (“benedici, predicimi il futuro”, ecc. ma “ridillo”); l'imperfetto indicativo e il passato remoto che, nella poesia antica e nel linguaggio popolare contemporaneo, tendono a seguire la coniugazione regolare dei verbi in “ire” (“benedivo, benedii” ecc). Benedendo però, con buona pace del cronista, non è attestato proprio da nessuna parte!
Alfredo Prologo