La festa degli schiavi
La festa di Halloween (la notte del 1° novembre) è stata celebrata anche a Pesaro. Con un tocco di classe in più: il lancio di uova marce sulle vetrine e sui portoni del centro. "La notte degli stupidi", l'ha definita il Corriere Adriatico.
Vorrei aggiungere qualcosa anch'io. Le feste popolari derivano da tradizioni che vivono da secoli nella cultura di un territorio: rispecchiano umori, fantasie, cucine, climi diversi. Non si possono trapiantare da un Paese all'altro, tanto per fare baldoria, salvo che si sia afflitti da un inguaribile provincialismo. L'Italia è ricca di tradizioni poetiche, anche per la notte fra il l'uno e il due novembre: quando in molte regioni del Sud, i morti lasciano dolci e regali per i bambini. Non c'è bisogno di scimmiottare sempre qualcuno, altrimenti arriveremo anche a celebrare il Thank Giving Day (il Giorno del Ringraziamento) degli americani, con tanto di tacchino arrosto e ripieno di castagne. A volte anche questi piccoli segni rivelano il carattere e il senso di identità di un popolo. Quella di Halloween (di cui probabilmente la maggior parte dei nostri giovani non conosce neanche il significato linguistico) in Italia è stata solo la "Festa degli Schiavi".
La vacca del "Popolo"
Sabato 18 novembre, sulla prima pagina de "Il Popolo" (giornale un tempo autorevole, anche se poco letto, in quanto organo ufficiale della DC) campeggiava un vistoso titolo, accanto alla foto di un bovino: "Vache fou, no grazie". L'ironico gioco di parole si riferiva evidentemente alla polemica di questi giorni circa l'importazione di carne francese. Però quel redattore poliglotta ignora che l'aggettivo fou è di genere maschile: quindi potrebbe casomai essere riferito a un toro. La vacca affetta dalla nota sindrome si chiama, in Francia, vache folle.
Alan