Un po’ di tempo fa (Lo Specchio di marzo 2007) avevo parlato delle “parole insensate del marketing politico”: destra-sinistra, progressisti-conservatori, giustizialisti-garantisti. Chi fosse interessato può ritrovare questo articolo, come tutti gli altri, sul nostro sito Internet: www.lospecchiodellacitta.it. Oggi vorrei esaminare un’altra espressione molto comune. Chissà quante volte avete sentito qualcuno affermare, con aria vagamente minacciosa, che “Solo gli imbecilli non cambiano mai idea”. Una variante sul tema è: “Anche gli orologi fermi indicano l’ora esatta due volte al giorno”. Questo tipo di frasi, che intendono chiudere la bocca a chi difende la propria coerenza e critica certe disinvolte giravolte ideologiche, potrebbe essere l’inno nazionale di tutti i voltagabbana della storia in cerca di alibi. Proviamo ad analizzare l’assunto. Tutti nella vita cambiamo, in qualche misura, e quindi cambiamo anche le nostre opinioni… in qualche misura. Per esempio, se ci insegnano che gli spaghetti alla carbonara sono più buoni col pecorino grattugiato (invece del parmigiano), forse modificheremo le nostre abitudini culinarie. Oppure possiamo cambiare idea sull’attribuzione di un quadro, in base a nuovi contributi critici. Oppure possiamo cambiare il nostro giudizio su una persona, una fidanzata, in funzione del suo comportamento. Oppure possiamo non condividere più le scelte di un partito perché non corrispondono più alle nostre aspettative: questo avviene spesso, altrimenti i risultati elettorali sarebbero sempre identici (però, se pensiamo allo sport, un romanista o un interista non cambierebbero mai casacca; per non parlare dei tifosi della Vis Pesaro 1894). Ma ci sono altri tipi di conversione a 180 gradi che suscitano qualche perplessità, soprattutto quando si va nel campo delle ideologie o addirittura delle religioni. Gli intellettuali fascisti convertiti istantaneamente al comunismo dopo la caduta del regime erano sicuramente intelligenti, visto che – avendo cambiato idea – non erano imbecilli per definizione; ma qualche dubbietto sulla loro coerenza e la loro credibilità non possiamo evitarlo. Chi ha basato per decenni il suo credo politico sui princìpi del socialismo, o addirittura del marxismo leninismo, della proprietà collettiva dei mezzi di produzione, della dittatura del proletariato, e poi sposa con entusiasmo il liberismo alla Berlusconi (che a sua volta parla con disprezzo della “sinistra”, ma si considera un socialista-craxiano, secondo la marmellata ideologica dei nostri tempi), fa sorgere il sospetto che forse non aveva capito molto della ideologia di partenza e magari neanche tanto di quella di arrivo. Per non parlare di autorevoli militanti di Lotta Continua e affini, nonché di autorevoli criminali delle Brigate Rosse che, dopo averci indottrinato negli anni di piombo sulle nefandezze dello Stato borghese, della democrazia occidentale e dei sindacati, oggi pontificano nelle università e sui grandi giornali per spiegarci le ragioni del loro pentimento e indottrinarci di nuovo in senso opposto. Alcuni di loro dirigono persino i movimenti contro la pena di morte, dopo averla applicata privatamente con i loro avversari politici. Per tutti questi convertiti il ripensamento è lecito, ma il comportamento più elegante sarebbe quello di tacere, pur seguendo coerentemente (si spera) i nuovi princìpi ispiratori. E soprattutto senza nascondersi dietro la formuletta ipocrita dei presunti imbecilli.
A.A.
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